N. 45 - 2018 11 novembre 2018
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Cristina Odasso

Felicità è riconoscere l’amore di Dio

«Quando la vita sembrerebbe andare a pezzi, la vicinanza del Signore è una certezza», racconta l’attrice dopo averlo provato sulla propria pelle

Cristina Odasso

A dispetto dell’imponente crocevia di strade che la circonda, la casa di Cristina Odasso è immersa nel silenzio. Quando entro, le tapparelle delle sala sono tirate giù, a mezz’asta, per difendere la stanza dagli ultimi stralci della “calura estiva” di ottobre. Lei sorride, mi fa sedere, mentre dall’esterno i rumori arrivano attutiti, svaporando appena superata la soglia della finestra. Intanto, un paio di camere più avanti, i due figli Giovanni e Maria dormono profondamente, accoccolati sui peluche. C’è pace: quella stessa pace che l’attrice, protagonista della sit com Nido d’amore del programma Per sempre, è riuscita a raggiungere dopo un lungo cammino spirituale, costellato di notti turbolente, grandi amicizie e deserti personali.

Torinese, ma romana d’adozione dall’età di 25 anni, Cristina Odasso è sempre stata credente ma poco praticante: non aveva mai messo in dubbio l’esistenza di Dio ma, con lui, sentiva di avere poco a che fare. Lei conduceva la sua vita, a caccia di affetti e felicità; lui, probabilmente, era affaccendato in altro. Oggi, invece, l’attrice ha imparato a sussurrare all’orecchio di Dio, scoprendolo tutt’altro che lontano. Da quel momento, non si è più sentita sola.

Cos’è cambiato?

«Tutto è incominciato in quella che amo chiamare “la notte del mio inizio”: avevo 26 anni, vivevo già a Roma e, quella sera, l’uomo che consideravo l’amore della mia vita mi lasciò. Fu terribile: mi sentivo al buio, sola e abbandonata. Avrei dato qualsiasi cosa per cambiare la realtà: volevo tornare indietro per aggiustare tutto, o andare avanti come dicevo io. Trascorsi una notte terribile. La mattina seguente passò a trovarmi una mia cara amica, Caterina, e mi invitò a seguire le catechesi di don Fabio Rosini sui dieci comandamenti. Non era la prima volta che Cate mi proponeva un percorso spirituale ma stavolta accettai, perché avevo sete di pace e di amore. Quel giorno scoprii la gioia della vicinanza di Dio».

In che modo?

«La catechesi era sull’amore di Dio ed è stato come togliermi un velo dagli occhi. Per la prima volta ho sentito che Dio era vicino e mi voleva bene: la mia vita poteva anche andare in pezzi, ma questo non mi toglieva la possibilità di essere felice perché Dio mi avrebbe amata comunque, nonostante attorno a me la realtà sembrasse impazzita. Quello con don Fabio è stato il primo grande incontro che ha permesso alla mia fede di incarnarsi: ha avvicinato Dio alla mia vita e il mio cuore al Signore».

Qual è stato il secondo grande incontro?

«Ho avuto la grazia di conoscere e frequentare Chiara Corbella Petrillo (di lei il 21 settembre scorso è cominciato il processo diocesano per la sua beatificazione, ndr). Di lei mi colpì il suo non possesso sulle cose: donava e basta, senza trattenere nulla per sé, nemmeno la vita stessa. Io invece ho sempre combattuto con il senso del possesso nei confronti delle persone e degli affetti: non a caso andavo spesso in crisi, crucciandomi perché “lui non mi voleva bene abbastanza”. Chiara mi ha cambiato il modo di pensare: lei lasciava sempre andare, era in costante dialogo con Dio e ripeteva che il possesso era il contrario dell’amore. Era vero: io volevo possedere le persone e finivo per non amarle».

Come mai era così a caccia d’amore?

«Immagino avesse a che fare con l’inquietudine esistenziale. Sono nata e cresciuta in una famiglia amorevole: i miei genitori mi hanno colmato di affetto e attenzioni, non mi è mai mancato nulla. Ma era come se sfuggisse sempre qualcosa: solo quando ho provato l’amore di Dio ho assaporato la felicità piena. Quanto alla mia vita sentimentale, era confusionaria: anche se cercavo solo storie serie, alla prova dei fatti ero come una mina vagante! Mi lasciavo puntualmente affascinare dagli uomini sbagliati. A volte si cerca il bene là dove non c’è».

Questo amore inaspettato di Dio l’ha spinta anche a valutare l’idea di consacrarsi?

«A un certo punto sì: ho considerato l’idea, ma poi ho finito per riconoscere che il mio profondo e autentico desiderio era sposarmi. Lo desideravo da quando ero bambina. Quindi ho seguito il mio cuore, anche perché il Signore è un gentleman: non ti fa mai fare una cosa che non desideri».

A quel punto ha conosciuto il suo attuale marito?

«Macché. Prima di conoscerlo ho attraversato un deserto di quattro anni nel quale, lo ammetto, mettevo anche un po’ di fretta a Dio. Mi chiedevo quando mi avrebbe fatto trovare la persona giusta, come mai non c’era nulla all’orizzonte. È stato un periodo lungo e difficile, ma utile: ho imparato ad accettare la realtà, così com’è, senza volerla cambiare. La serenità è già oggi. A quel punto, ho conosciuto Antonio e dopo un anno e otto mesi ci siamo sposati».

Non teme di aver bruciato un po’ le tappe?

«Quando decide di fare qualcosa, Dio non ci mette secoli! (ride, ndr). La nostra non è stata una scelta avventata: dopo soli cinque mesi dal nostro incontro, abbiamo dovuto affrontare una grande prova. Un problema di salute di mio marito, fortunatamente risoltosi in maniera positiva, ha forgiato la scelta di stare assieme, dando un’accelerazione al nostro rapporto: la sofferenza e la malattia ti rendono più sensibili, ti fanno andare al fondo delle cose. Inoltre sia io che Antonio eravamo convinti l’uno dell’altra: quando ci siamo conosciuti abbiamo  subito avuto un’“intuizione di eternità” come se ci fossimo ritrovati, tra mille persone». 

Dopo Per sempre, quali sono i suoi prossimi progetti?

«Ho appena terminato le riprese del film Madre Cabrini. Andrà in onda sul canale americano cattolico Ewtn: oltre oceano la devozione verso santa Francesca Cabrini è molto forte. Mi piace pensare a lei come a una sorta di Madre Teresa dell’Occidente: si è sempre dedicata agli ultimi e ha fondato tantissimi orfanotrofi in tutta America. I produttori italiani stanno trattando per distribuire la pellicola anche in Italia, ma nei cinema».
  

Testo di Francesca D’Angelo - Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto

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