N. 46 - 2017 12 novembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Religione da salotto o fede che si mette in gioco nella vita di ogni giorno?

Due riflessioni dopo la settimana sociale dei cattolici: tante “buone pratiche” dimostrano il bene intorno a noi; impegniamoci…

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INSIEME di don Antonio Rizzolo

Religione da salotto o fede che si mette in gioco nella vita di ogni giorno?

Due riflessioni dopo la settimana sociale dei cattolici: tante “buone pratiche” dimostrano il bene intorno a noi; impegniamoci tutti in prima persona

 

Cari amici lettori, si è conclusa da poco, a Cagliari, la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani sul tema “Il lavoro che vogliamo, libero, creativo, partecipativo e solidale”. Ne parliamo in questo numero con un’intervista a monsignor Filippo Santoro, presidente del Comitato scientifico e organizzatore, e con il racconto di alcune esperienze concrete. La stessa storia di copertina, che ha per protagonista l’imprenditore Marco Bartoletti, è collegata alla Settimana sociale. A margine di tutto questo vi propongo due brevi riflessioni.

La prima riguarda il progetto Cercatori di lavOro, che ha raccolto tantissime “buone pratiche” in ambito lavorativo, esperienze positive create da imprenditori, amministratori, educatori, cooperative, associazioni. Si tratta di realtà esemplari nelle quali non solo si sono creati posti di lavoro, ma si è data qualità al lavoro stesso, mediante l’attenzione alle persone, alla loro sicurezza, alla loro partecipazione attiva, permettendo anche la conciliazione con la vita familiare. Questo progetto ha dimostrato che in giro per l’Italia ci sono tante idee e persone che le sanno mettere a frutto. Insomma, che uscire dalla crisi si può, che c’è speranza. E che c’è tanto bene intorno a noi, anche se a volte non ce ne accorgiamo. I mezzi di informazione troppo spesso ci mettono davanti agli occhi solo ciò che non va. Anche della Settimana di Cagliari e delle sue “buone pratiche” hanno parlato ben poco. Ma non lasciamoci vincere da questa visione negativa. Uniamo le forze e diamoci da fare per vedere e realizzare il bene.

Questo atteggiamento – cioè non piangersi addosso, vedere il bene e impegnarsi in prima persona – è tipicamente cristiano, direi anzi cattolico. Il tema del lavoro, in questo senso, ha molto a che fare con la fede, non è qualcosa di estraneo. Qualcuno vorrebbe chiudere i cristiani nelle chiese o nelle sacrestie, relegare la fede nel privato. Ma non deve essere così. Siamo cristiani sempre, in ogni momento della vita, anche nell’attività lavorativa. Questo vale in particolare per noi cattolici. Il grande pensatore Kierkegaard, luterano, ammirava dei cattolici il loro cristianesimo concreto, fatto di impegno quotidiano. Al contrario, rimproverava al vescovo luterano della sua città di predicare una religione da salotto, come un istruttore di nuoto che non sa nuotare ma che, fermo sul pontile, spiega alla gente come deve muovere le braccia. E la nostra fede com’è? È fatta solo di parole o si manifesta nella vita concreta di ogni giorno?

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