N. 5 2014 2 febbraio 2014
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Il cappuccino fra Andrea Pighini

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Nonostante il successo Andrea Pighini si sente inquieto. Poi un viaggio a Medjugorje gli cambia la vita. Lasciato il palco, entra in convento a Cortona dove... ricomincia a suonare! Ma il ritmo è ben altro...

 

Foto di Luca Nizzoli Toetti

Foto di LUCA NIZZOLI TOETTI.

In un treno affollato e in ritardo cercavo un posto per non viaggiare in piedi dalla Toscana a Roma. «Qui è libero, siediti pure», un francescano mi indicava una poltrona vuota. Fra Andrea, viso pacioso incorniciato in una folta barba scura, prestava soccorso al viaggiatore stanco. «Come ero prima di indossare l’abito? Non te l’immagini. Capelli lunghi, abiti stracciati, scuri. Un musicista, scarrozzato per l’Italia e non solo. Un rock duro da suonare ovunque, dall’Olanda all’Inghilterra e dove capitava in tutta Europa».

Il giovane era un apprezzato compositore e cantante. «Ragazze? Certo! E, ovviamente si fumava e si beveva di tutto». Andrea Pighini, fiorentino dalla parlata inconfondibile, ricorda le mani della mamma che, sgranando il rosario recitato per lui, sulla porta di casa lo salutava con occhi tristi per l’ennesima tournèe.

Dopo quegli anni di sballo e trasgressione, nel 1990 un salto imprevisto, dal buio alla luce. Nonostante le ragazze, gli spinelli e la musica, la felicità sembra irraggiungibile. Un’inquietudine lo tiene in ostaggio anche se in apparenza ha quello che potrebbe desiderare. «Decisi di andare a Medjugorje». Nell’autobus dei pellegrini sembrava un marziano. Abito dark tra rosari e litanie. «Appena arrivato vidi una partecipazione unica, tutti a pregare. Mi confessai. Partecipai alla Messa, un’esperienza che ha cambiato la mia vita. Feci l’incontro con la misericordia divina, l’episodio capace di dare luce alla mia esistenza». Un prete, di cui non ha saputo mai il nome, gli spalancò le porte del futuro. Tornato in Italia dà un taglio al passato. «Iniziai a dedicarmi agli ultimi: ex detenuti, malati di Aids, poveri». Si impegna al Cottolengo, lavora come cuoco, accoglie chi bussa all’istituto. «Non potevo dimenticare lo spirito di novità appena conosciuto, il messaggio di Gesù di dedicarsi al prossimo». La figura di san Francesco lo affascina – «ha voluto imitare in maniera forte il Cristo» – anche perché nella sua Firenze, a due passi da casa, c’è un convento di Cappuccini che frequentava da bambino.

Ancora non sa che fare della sua vita, la direzione è scelta, ma in quale modo percorrerla? È ad Assisi, quattro anni dopo Medjugorie, che tutto diventa definitivo e chiaro. «Ero in preghiera nella Porziuncola, davanti all’immagine della Vergine. È lì che ho detto il mio sì, mi si è aperto il cuore e ho scelto di consacrarmi». Lasciata la ragazza, entra in convento per seguire l’esempio del Poverello. Pensa di chiudere con il passato, anche con la musica, ma non ha fatto il conto con il proprio talento. È destinato a un posto bello, silenzioso, il convento Le Celle di Cortona, uno dei luoghi più antichi voluti dal santo, nel verde della provincia di Arezzo.

Nell’eremo frequentato da Francesco si susseguono gli incontri giovanili e padre Daniele, il custode della comunità, lo sente cantare. «Chi ha fatto queste musiche?». L’autore è fra Andrea, che inizia così a farsi conoscere dai gruppi toscani. «Una ragazza mi chiese se ne avessi composte altre». Va in camera e dal cassetto prende un mucchio di canti pronti da farne un disco. Si cerca una band. Con Alessandra, chitarra folk, Francesco e Marco, chitarre elettriche, Isaia alla batteria e Antonio al basso, nascono gli Janua Coeli, “la porta del Cielo”.

Negli anni passano nel gruppo due preti, don Jack e don Umberto. Poi Ermida, Alex, Maria Grazia, Leandro, Alessandro, Fabio, Marco. Vengono alla luce sei cd. I testi richiamano l’avventura che il giovane ha sperimentato, di salvezza e speranza. Il rock degli Janua Coeli tira. Da poche centinaia di dischi si arriva alle migliaia. Arrivano i concerti e il cappuccino imbraccia la chitarra e ritorna su un palco, impensabile per uno che aveva scelto di abbandonarlo. Ora sono i superiori a condividere il progetto. Dalla Toscana alla Campania, sino in Sicilia i ragazzi ascoltano le sue canzoni. «Attratti dalla musica venivano a vederci. Passavano poi ai testi, interessati a capire chi fosse questo cantante con il saio amante del rock. Il ricavato dei concerti va alle missioni in Tanzania e Nigeria, senza dimenticare le povertà locali».

Il volto si illumina quando parlo del Papa. «Francesco? È il parroco del mondo. Una simpatia sincera, capace di coinvolgere non solo i vicini alla Chiesa. È arrivato proprio al momento giusto!».

Testo di Nicola Nicoletti

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