N. 50 - 2017 10 dicembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Non dobbiamo avere paura di essere cristiani veri, pieni di gioia

Le parole di papa Francesco ai giovani del Myanmar valgono per ciascuno di noi. Come cristiani, qualunque sia il nostro stato…

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INSIEME di don Antonio Rizzolo

Non dobbiamo avere paura di essere cristiani veri, pieni di gioia

Le parole di papa Francesco ai giovani del Myanmar valgono per ciascuno di noi. Come cristiani, qualunque sia il nostro stato di vita, dobbiamo essere coraggiosi, generosi e, soprattutto, gioiosi

 

Cari amici lettori, quando aprirete questo numero di Credere papa Francesco avrà già concluso il suo viaggio apostolico in Myanmar e Bangladesh. I tempi di stampa ci hanno obbligato, però, a consegnare la rivista in tipografia molto in anticipo, quando il Papa era appena arrivato in Bangladesh, nella capitale Dhaka. Della seconda parte del viaggio, perciò, vi parleremo nel prossimo numero.

Vorrei però richiamare la vostra attenzione sulla bellissima omelia rivolta da Francesco ai giovani durante la Messa del 30 novembre nella cattedrale di Yangon. È un intervento che vale la pena rileggere per intero, perché non riguarda solo i giovani del Myanmar, ma anche i nostri giovani, anzi ciascuno di noi, che in quanto cristiani non possiamo che essere giovani, cioè pieni di gioia, entusiasmo, speranza. Tutto questo nasce dalla nostra fede in Gesù Cristo, dalla consapevolezza del suo amore fedele, dalla gioia che proviamo sapendo che Dio ci vuole bene. Essere cristiani vuol dire essere annunciatori di gioia.

È vero, come sottolinea il Papa stesso, che spesso viene da chiedersi «come sia possibile parlare di lieti annunci quando tanti attorno a noi soffrono». Dove sono i lieti annunci, ha detto Francesco, «quando tanta ingiustizia, povertà e miseria gettano ombra su di noi e sul nostro mondo?». A volte il messaggio di gioia tipico del cristianesimo ci sembra un’illusione, un’impossibile utopia. Noi cristiani ci sentiamo insufficienti, inadeguati, addirittura tristi e scoraggiati, impotenti di fronte al male. Come ha scritto lo stesso Francesco nell’Evangelii gaudium, molti di noi sembrano avere «uno stile di Quaresima senza Pasqua».

Sentiamo, allora, rivolte anche a noi le parole del Papa ai giovani del Myanmar e facciamoci coraggio, usciamo dal nostro torpore: «Vorrei che la gente sapesse che voi non avete paura di credere nel buon annuncio della misericordia di Dio, perché esso ha un nome e un volto: Gesù Cristo». In quanto messaggeri di questo lieto annuncio, ha continuato Francesco, «siete pronti a recare una parola di speranza alla Chiesa, al vostro Paese, al mondo. Siete pronti a recare il lieto annuncio ai fratelli e alle sorelle che soffrono e hanno bisogno delle vostre preghiere e della vostra solidarietà, ma anche della vostra passione per i diritti umani, per la giustizia e per la crescita di quello che Gesù dona: amore e pace». Facciamo davvero nostro l’invito finale del Papa, non abbiamo paura di essere cristiani veri: «Qualunque sia la vostra vocazione, vi esorto: siate coraggiosi, siate generosi e, soprattutto, siate gioiosi!».

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