N. 50 - 2018 16 dicembre 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Tanti auguri di buon compleanno, caro Papa Francesco, Gesù ti guidi sempre

Il miglior regalo che possiamo fargli è quello di pregare per lui impegnandoci a vivere il Vangelo ogni giorno. Il Signore…

Mara Santangelo

Pregare ha reso forte la mia anima

Da Wimbledon a Medjugorje, l’ex tennista si affida tutti i giorni a Dio. Con una certezza: «La strada verso la santità non…

Cardinale Louis Raphael Sako

In Iraq sogno una Chiesa più aperta a giovani e donne

Il terrorismo, le migrazioni e la persecuzione dei cristiani sono le sfide dell’Iraq di oggi. Il patriarca caldeo intende…

Luciana Spigolon

Dio mi aiuta ad amare sempre, anche chi sbaglia

Consacrata laica, dal 2015 ha avviato un’esperienza di ospitalità a favore dei richiedenti asilo. Una volta uno di loro,…

Roma

La Corona di Maria

Ogni primo sabato del mese, obbedendo a una richiesta della Madonna di Fatima a Lucia, la Confraternita di San Jacopo organizza…

In dialogo con don Vincenzo

Peccato veniale o peccato mortale?

Ci possono essere circostanze e fattori che attenuano il nostro libero consenso al peccato

Ite, missa est di Daniele Rocchetti

Il bambino di Betlemme come elogio della debolezza

La debolezza del Dio bambino è la nostra debolezza di fronte al dramma del mondo: non è indifferenza o rassegnazione ma…

Per una lettura completa...

Ite, missa est di Daniele Rocchetti

Il bambino di Betlemme come elogio della debolezza

La debolezza  del Dio bambino è la nostra debolezza di fronte al dramma del mondo: non è indifferenza o rassegnazione ma Fragilità e fatica, domanda sempre aperta

 Illustrazione di Emanuele Fucecchi

L’ultima volta che sono stato ad Aleppo un solerte funzionario alla dogana dell’aeroporto notò un adesivo di un albergo israeliano posto sulla mia valigia. Per questo la bloccò e così fui costretto a recarmi nel suq per acquistare gli indumenti necessari per i giorni di permanenza. Quel dedalo intricato di vie – che l’Onu nel 1986 dichiarò patrimonio mondiale – oggi non c’è più: bombardato e distrutto. Come non c’è più l’Aleppo – bellissima! – che ho visitato: la Cittadella e la grande Moschea, l’antico quartiere di Al-Jadidah, vicino alla Bab al Faraj, la Porta del Paradiso, abitato dalla borghesia cristiana di origine armena: belle case, eleganti giardini, magnifiche chiese. Non lontano, alcune sinagoghe, a testimonianza di una presenza ebraica che si perde nei tempi. Aleppo era questo: un crogiolo di mondi, di popoli e di fedi. Un laboratorio di convivenza tra cristiani e tra cristiani e mussulmani. Oggi, dopo sette anni di guerra e di assedio, non c’è più la città, non ci sono più i monumenti, non ci sono più i cristiani, uccisi o costretti a fuggire.

Nei prossimi giorni faremo memoria del “Principe della Pace”. Custodiremo in silenzio il senso di impotenza che pare attanagliarci e che insinua il sospetto che niente nel mondo possa cambiare. Contempleremo, nella vicenda del nostro Dio che sceglie di farsi carne in un cucciolo d’uomo, l’elogio della debolezza. La debolezza del Dio bambino è la nostra debolezza di fronte al dramma di Aleppo, al dramma del mondo: non è indifferenza o rassegnazione ma fragilità e fatica, domanda sempre aperta. Un Dio incarnato che non abita solo nell’alto dei cieli, che è riflesso nel volto di ogni uomo, perché Dio ama al singolare e sollecita ciascuno di noi a fare spazio all’altro. Ad aprire i nostri orizzonti, a credere che il destino di ciascuno, specie se povero e disperato, braccato dall’insensatezza della guerra voluta dagli uomini, è il riflesso del destino di quel Dio che, in Gesù di Nazaret, nato a Betlemme, chiede a ciascuno la responsabilità di costruire con passione e dignità il pezzo di mondo affidato.
   

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Archivio

Vai