N. 52 - 2017 24 dicembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

A Natale impariamo a dire sì al bambino Gesù che ci chiede di seguirlo

Auguri di buon Natale a tutti voi, cari amici lettori. Come ci ricorda Edith Stein, il Signore ci chiama ancora una volta…

Padre Giuseppe Moretti

In attesa della stella della pace

Il padre barnabita Giuseppe Moretti, per molti anni cappellano a Kabul, racconta le fatiche e le speranze della piccola comunità…

Terra Santa

E la cometa del dialogo brilla sul presepe

Il presepista lombardo Maurizio Villa ha tenuto un corso in Palestina in collaborazione con i Francescani al quale hanno…

Sant’Ilario di Poitiers a Roma

Apre la mensa dell’amicizia dove paga la provvidenza

Nuova avventura della carità nella parrocchia della borgata Palmarola: un pranzo aperto a tutti per vincere la solitudine

Cappella musicale del duomo di Modena

Siamo noi la colonna sonora della diocesi

Quattro cori e oltre 300 Messe all’anno: il maestro racconta l’impegno della Cappella del duomo di Modena. Il prossimo appuntamento?…

Gesù bambino di Praga

Il mistero del Dio bambino

Nella chiesa di Santa Maria della Vittoria della capitale ceca è custodita la celebre immagine venerata in tutto il mondo

Ite, missa est di Enzo Romeo

Gesù nascerebbe anche se nella grotta non ci fosse il wi-fi

L’annuncio della buona notizia oggi passa per necessità dal mondo di internet, pena l’esclusione dei nostri giovani. Ma…

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Terra Santa

E la cometa del dialogo brilla sul presepe

Il presepista lombardo Maurizio Villa ha tenuto un corso in Palestina in collaborazione con i Francescani al quale hanno partecipato persone di fede musulmana: «Esperienza preziosa dal punto di vista artistico e umano»

Maurizio Villa, 65 anni, al lavoro nell’allestimento del presepe ambientato a Petra

La stella cometa illuminò i cieli sopra Betlemme duemila anni fa. I cieli di Terra Santa hanno bisogno che nuove luci di speranza si accendano, per ricordare che la pace e la convivenza non sono sogni, ma possono diventare realtà.

Una piccola luce l’ha portata un italiano, nelle scorse settimane, in quel pezzetto di mondo così importante per tutta l’umanità. E l’ha portata mettendo a disposizione di un gruppo di giovani musulmani la propria creatività e capacità artistica.

Il lombardo Maurizio Villa, infatti, ha tenuto un corso presepistico pratico a Nisf Jubeil, in Palestina. L’iniziativa è stata sostenuta dall’associazione non profit Pro Terra Sancta e dal Mosaic centre di Gerico, diretto da Osama Hamdan. Villa, da anni, si occupa di questa arte ed è specializzato in fondali e paesaggi. Il primo presepe lo allestì ancora bambino, nella nativa Cernusco sul Naviglio. Da allora sono usciti dalle sue mani moltissimi presepi. Membro dell’Associazione italiana amici del presepio, ha partecipato per anni al concorso promosso dalla Fom (Fondazione oratori milanesi), del quale ora è giudice. Informatico in pensione con la passione per l’arte e per l’archeologia, tiene numerosi corsi di arte presepiale e ha un legame strettissimo con la Terra Santa fin dai tempi dell’università.

Da dove nasce questa singolare esperienza?

«Il corso nasce dal contatto con i Francescani e con l’associazione Pro Terra Sancta, che è a servizio della Custodia di Terra Santa. I progetti dell’associazione sono finalizzati al sostegno e alla formazione delle comunità cristiane, alla conservazione e alla valorizzazione dei luoghi santi e all’aiuto umanitario alle popolazioni in difficoltà. Il metodo applicato dall’associazione è quello dell’incontro con l’altro, a prescindere da ogni appartenenza religiosa, sociale, etnica. In pieno spirito francescano. Conoscevo il direttore del Mosaic Centre, che già mi aveva domandato di tenere un corso. Ora, che sono in pensione, ho potuto farlo. Tre anni fa ho proposto una lezione sul presepe ad alcuni insegnanti e religiosi della parrocchia cattolica di Madaba, in Giordania, e lo scorso anno, al Nebo, ho guidato un breve corso ad alcuni cattolici».

Come si è svolto questo corso e chi sono stati i partecipanti?

«Ero consapevole che il corso sarebbe stato rivolto ai musulmani, e non sapevo quale risposta avrebbe avuto. Però ero certo che rappresentasse un’opportunità per formare dei giovani. Così come alcuni sono diventati mosaicisti e ceramisti, altri potrebbero specializzarsi in arte presepiale. Il riscontro è stato più che positivo. Il corso è durato tre giorni e ha coinvolto cinque ragazze e due ragazzi del Mosaic e del Ceramic centre. Abbiamo lavorato fianco a fianco dalle otto di mattina alle cinque del pomeriggio, condividendo i pasti, in un clima di grande armonia. Proporre la realizzazione del presepio, rispettando il contesto architettonico palestinese, a persone di fede musulmana ha rappresentato, oltre a una sfida per la creatività artistica, progettuale, una sfida personale. È stato un momento di convivialità, di confronto, di umanità. Questo per noi è stato molto importante. Senza fare esegesi, ognuno sapeva della fede dell’altro, ma ci si è accettati, con convinzione, costruendo un presepio».

Che tipo di presepio avete realizzato?

«Uno dei momenti più significativi del corso è stato quando ho spiegato ai ragazzi che avremmo costruito un presepio storico, nel contesto della Palestina di duemila anni fa. Ci siamo documentati, abbiamo osservato tavole di libri storici, ma poi li ho invitati, visto che stanno ristrutturando alcune antiche case di Sebastia, vicino a Nablus, a prendere spunto da queste, da un angolo caratteristico del villaggio, personalizzando nei limiti del possibile il presepio a cui stavano lavorando. I ragazzi sono stati entusiasti di questa proposta. La casa, per un palestinese, è risorsa importante e proporre di realizzarla è stato qualificante. Questi ragazzi si sono sentiti compresi. Per la prima volta hanno usato tecniche e materiali nuovi, e già mi hanno domandato di ritornare l’anno prossimo. Uno dei presepi sarà donato al custode di Terra Santa, Francesco Patton».

Qual è il suo legame con la Terra Santa e da dove nasce?

«Ha origini lontane, da quando frequentavo l’università ed ebbi l’occasione di recarmi al Sinai, con gli studenti dello Studium biblicum franciscanum di Gerusalemme, guidati da padre Michele Piccirillo, francescano della Custodia, archeologo e biblista, scomparso nove anni fa. Le mie ferie, soprattutto quand’ero giovane, le ho trascorse quasi tutte in Giordania, con padre Michele, a scavare, e poi nel corso dell’anno aiutandolo negli schizzi, nelle cartine, nell’editoria. L’idea del corso sul presepio era lì, in un angolo. Ora si è concretizzata e vedremo che frutti darà». Quale speranza può infondere quest’esperienza? «La politica dei piccoli passi è più proficua di tutte le parole che vengono dette oppure delle azioni di certi politici. La situazione politica laggiù è lontana dall’essere normale, contrassegnata com’è da un conflitto che continua. Il presepe è un mezzo trasversale di dialogo. In Terra Santa ci ha permesso di creare un piccolo laboratorio di tolleranza e di speranza, oltre che di solidarietà pratica. Per un cristiano, soprattutto per un cattolico, il presepe in casa non deve mancare».

Testo di Barbara Garavaglia · Foto di Giovanni Panizza

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