Cari amici lettori, il numero che avete in mano coincide con la solennità del Natale: per questo sono contento di poter mandare a ciascuno di voi e alle vostre famiglie i miei auguri di un santo e sereno Natale del Signore, insieme a quelli di tutta la redazione.
Come scriveva secoli fa san Leone Magno, un Papa del V secolo: «Il nostro Salvatore oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne». Girando in questo periodo per la città, osservavo le luci di festa, gli alberi di Natale, l’immancabile Babbo Natale, la “febbre” degli acquisti in vista dei regali da fare. Immaginavo l’ansia dei pranzi e delle cene da organizzare, la scelta di dove, come e con chi trascorrerli… Ho provato una certa tristezza: tanti non hanno più “memoria” del perché e di cosa si festeggi. Mi sono chiesto che cosa sia per me, per noi, il Natale e faremmo bene a chiedercelo per non viverlo come una “routine comandata”.
È un po’ come se ci fosse la cornice, ma mancasse il soggetto principale del quadro, il “Festeggiato”. Quel Gesù che è venuto tra noi umani – «si fece carne», dice Giovanni nel Prologo al suo Vangelo, quasi con un brivido davanti al superamento del “fossato” che separa la trascendenza di Dio dalla fragilità della condizione umana –, attesta così di voler essere il “Dio-con-noi”, il Dio dell’alleanza, che cerca gli uomini e li raggiunge nel cuore della loro umanità.
È questa la “lieta notizia” del Natale. Ma è un messaggio che ci chiede gli occhi del profeta che sa vedere oltre. Non è stata diversa la fatica dei primi cristiani: hanno dovuto riconoscere questo “mistero divino” in quell’evento “ordinario”, non diverso da tante altre nascite, raccontatoci dal Vangelo di Luca: «[Maria] diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (2,7). Al “Festeggiato” è dedicato il servizio di apertura (pagg. 10-15) su Andrea Tornielli, direttore dei media vaticani, che ci racconta la sua emozionante esperienza spirituale nel ripercorrere i Vangeli per farne un libro, Vita di Gesù, uscito di recente per Piemme.
Ma il Natale del Signore ci apre anche a un nuovo sguardo sulla vita. In particolare, a uno sguardo di amore per la vita dei più “piccoli” con cui il Bambino si identifica. Ce la testimonia la bella storia dell’ostetrica Flora Gualdani, fondatrice di Casa Betlemme (pag. 24-27), che ci ricorda il valore infinito di ogni vita nascente. E la storia del Centro Dar Al Majus, ambientata nella terra di Gesù fra i cristiani palestinesi, ci testimonia in modo luminoso come l’amore, quando è vissuto concretamente, apre sempre qualche spiraglio di felicità per gli altri. Cari amici, in questi tempi in cui leggiamo storie di “ordinaria aggressività” (penso ai tanti femminicidi o alla vicenda dell’uomo che ha ucciso quattro donne in una riunione di condominio), ci fa bene conoscere storie di bene suscitato da quel Gesù nato duemila anni fa. Non è il solo bene nel mondo – ci sono anche altri, per fortuna, che lo fanno –, ma per noi cristiani è importante ricordarne la radice e la motivazione, nell’«apparire» della «grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini» e che «ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Lettera a Tito 2,7).
Buon Natale!