N. 53 - 2017 31 dicembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

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Ernesto Olivero

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Danilo Schenato

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Santa Francesca Saverio Cabrini

Da 100 anni è la madre dei migranti

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Padre Piero Gheddo

Addio al pioniere del giornalismo missionario

È morto a 88 anni il prete del Pime che fece scoprire al grande pubblico il mondo delle missioni. Là dove vide nascere «la…

Biblioteca capitolare di Verona

Qui la storia fa capire il tempo presente

È la più antica collezione di libri aperta al pubblico e tra mille tesori ne conserva uno straordinario: il Codice di Ursicino…

Ite, missa est di Emanuele Fant

La nostalgia come occasione

Essere uomini di fede vuol dire vivere dentro a una nostalgia e scegliere questa mancanza come condizione di vita

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Biblioteca capitolare di Verona

Qui la storia fa capire il tempo presente

È la più antica collezione di libri aperta al pubblico e tra mille tesori ne conserva uno straordinario: il Codice di Ursicino che nel 2017 ha compiuto 1500 anni. Spiega il prefetto: «I libri antichi aiutano a riflettere»

Biblioteca capitolare di Verona

«Papà, quand’è che andiamo ancora da quel signore che racconta quelle favole bellissime?». Il signore in questione è don Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca capitolare di Verona, la biblioteca funzionante più antica al mondo. Le “favole” sono quelle che emergono dal suo prezioso contenuto: oltre 1.200 manoscritti, 245 incunaboli, 2.500 cinquecentine, 2.800 seicentine, 11 mila pergamene. «Se un bambino ha vissuto un racconto storico con lo stesso stupore che prova davanti a una favola, allora capisci che bisogna tornare a raccontare la storia, ma non come un rincorrersi di date e di fatti politici, bensì a partire dalla complessità umana».

Alla Capitolare studiarono il figlio di Carlo Magno, Pipino, Dante Alighieri, Francesco Petrarca e molti altri nomi illustri. Questo tesoro è sopravvissuto al terremoto, alla peste, alle ruberie di Napoleone, all’alluvione del 1882, ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Ed è arrivato fino a noi per raccontarsi e raccontare un passato di cui rischiamo di perdere traccia.

GRANDI PROGETTI
«L’errore che commettiamo oggi è credere che la storia sia solamente un dato tecnico astratto», continua don Bruno. «L’epoca digitale è un’epoca senza memoria. Non c’è bisogno del passato; non serve più consultare i libri, basta andare su Wikipedia per trovare tutto quello che serve. Ma quando dici che questo codice ha 1.600 anni e racconti il vissuto di cui è portatore, ti accorgi che chi ti ascolta è quasi intimorito. Oppure, se dici: “Questi libri non valgono molto perché hanno solo 400 anni”, cogli il sorriso di chi in quel momento sta recuperando il valore della storia che abbiamo alle spalle. A questo va aggiunto il fattore estetico, perché questi codici sono belli e in ottima conservazione. Inoltre, abbiamo qui anche due restauratori volontari, Francesco e la moglie, che intervengono là dove si rende necessario».

Antico e moderno si sovrappongono sia nella scelta di procedere alla digitalizzazione dei testi, che in quella di affidare a un progetto di crowdfunding (colletta di finanziamento, ndr) civico la raccolta via web di almeno 330 mila euro, per poter adeguare gli impianti di sicurezza e abbattere le barriere architettoniche. «L’obiettivo», prosegue il prefetto, «è che la biblioteca e il museo annesso diventino uno spazio dinamico, vivo, aperto al grande pubblico, e che da questa frequentazione arrivino le risorse per la gestione. Sempre nel senso di una valorizzazione, abbiamo in programma molte iniziative di altissimo livello culturale, tra cui una mostra su come si scriveva a Verona nell’Alto Medioevo, in collaborazione con l’Università».

IL CODICE E ALTRI TESORI
Si è deciso di agire proprio quest’anno in omaggio al Codice di Ursicino, la cui presenza millecinquecentenaria permette di affermare che la Capitolare di Verona è attiva almeno da quindici secoli.

Quel codice (cioè libro scritto a mano, ndr) contiene la vita di san Martino di Tours e di san Paolo di Tebe trascritta da un certo Ursicino, il quale, terminato di copiare questo testo del quarto secolo appartenente a Sulpicio Severo, scrive che ha concluso il suo lavoro il primo agosto dell’anno in cui è proconsole a Verona Agapito, ovvero il 517. Questo attesta che in quell’epoca esisteva a Verona uno scriptorium (si intende quella parte di un complesso dedicata alla copiatura dei manoscritti, spesso comunicante con una biblioteca, ndr) dove si producevano testi.

Fra le altre “chicche” della Capitolare ci sono: l’unico Diritto romano di Gaius, datato 300 dopo Cristo e recentemente tradotto dai cinesi perché vorrebbero fare la riforma della loro costituzione partendo dai principi in esso contenuti; la prima copia esistente al mondo del De Civitate Dei di sant’Agostino, databile all’incirca al 420-425, quindi quasi contemporanea all’originale, del 417, che non esiste più; il Sacramentario veronese, ovvero il primo “Messale” del cristianesimo, che sancisce univocità di preghiera in un tempo – il VI secolo – in cui le invasioni barbariche portavano con sé molte eresie; l’Indovinello veronese, considerato la prima traccia della lingua volgare italiana.

PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
Togliamoci però dalla testa l’idea che questo patrimonio sia solo per pochi “topi di biblioteca”, perché l’agenda del prefetto è piena. «Già oggi non riusciamo praticamente più a gestire tutte le richieste. Non passa giorno che non ci sia una o più visite guidate. Vengono da tutte le parti del mondo. Abbiamo avuto una delegazione americana dell’università di Princeton, New Jersey, docenti universitari dalla Cina, dall’America, dal Nord Europa, dal Giappone, abbiamo visite dall’Azerbaijan, dalla Russia. C’è chi va negli Stati Uniti per vedere un incunabolo, noi qui abbiamo codici risalenti addirittura al quarto secolo, veri patrimoni dell’umanità».

Testi così antichi che cosa hanno da dire all’uomo di oggi? «Abbiamo qui un Salterio (libro biblico dei Salmi) greco-latino, del VII secolo. È stato portato in Italia da monaci ortodossi che l’hanno così sottratto alla disputa iconoclasta in atto nella Turchia dell’epoca. Ed ecco che il Salterio comincia a raccontare. I monaci sono scappati, avranno pianto, avranno incontrato delle difficoltà, la lingua, parlavano greco in un paese dove si parlava il latino. Capiamo che la storia ha avuto questi momenti dolorosi, poi il codice ti riporta sul presente per un’analogia, perché anche oggi c’è gente che scappa per l’intolleranza. Nell’epoca digitale, ritornare a vedere, a toccare, a sentire come parla un codice, credo sia un’esperienza meravigliosa. Non lo dice uno storico o un accademico, ma un prete che da trent’anni fa il giornalista a tempo pieno. Occupandomi di questo patrimonio ho scoperto che la storia avanza la cronaca e ti racconta molto di più. La cronaca è importante perché ti porta dentro all’oggi, ma la storia ti porta dentro alla sapienza dell’oggi, di ieri, dell’altro ieri e del passato più remoto».

ORGANIZZARE LA VISITA
Biblioteca «capitolare» significa che appartiene al Capitolo della cattedrale, cioè l’assemblea dei sacerdoti, detti canonici, incaricati delle funzioni liturgiche in duomo. L’adunanza quotidiana dei canonici era anticamente chiamata capitulum perché vi si leggeva un capitolo, cioè un brano, delle regole. Anticamente il capitolo aveva anche il compito di eleggere al suo interno un “vicario” con il compito di reggere la diocesi dopo la morte del vescovo e prima della nomina di un suo successore.

ORARI E VISITE
La Biblioteca capitolare si trova in piazza Duomo 13 a Verona. Tutti i sabati e tutte le domeniche è possibile effettuare su prenotazione una visita guidata. Per info e prenotazioni scrivere a progettispeciali@capitolareverona.it o chiamare il numero tel. 045/85.38.071– 388/ 57.58.902. Per informazioni sul progetto di crowdfunding finalizzato alla ristrutturazione e al rilancio della biblioteca, consultare il sito www.capitolareverona.it.

Testo di Romina Gobbo

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