N. 53 - 2017 31 dicembre 2017
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Danilo Schenato

Il veterano dei digiuni in difesa dei diritti

A 86 anni, dopo una vita di manifestazioni non violente, continua a sostenere con il digiuno e la preghiera le cause che ritiene giuste, come la battaglia in Veneto delle mamme “No Pfas” per l’acqua pulita e libera da sostanze chimiche inquinanti

 

«Solo quando non si esiste più per se stessi si diventa presenza e fonte di amore, costruttori di pace per tutti». Così scriveva Danilo tre anni fa in una lettera aperta a papa Francesco. Il suo modo di «esistere meno per se stessi» è stato quello di togliere qualcosa dalla sua bocca, digiunare per le buone cause degli altri, contro le ingiustizie e le guerre dimenticate.

Danilo Schenato, classe 1931, figlio di contadini, lontano parente di santa Maria Bertilla Boscardin, come ama ricordare, probabilmente è il “veterano” dei digiuni in Italia. E a 86 anni suonati, in pensione ormai da tempo, dopo una vita di manifestazioni nonviolente, non ha ancora smesso di praticare il metodo gandhiano.

IL DIGIUNO PIÙ RECENTE
È di pochi mesi fa il suo ultimo digiuno completo di quattro giorni e quattro notti, vegliando in preghiera in altrettante chiese del Vicentino, a Lonigo, suo paese natale, e in quelle vicine di Bagnolo, Almisano e Monticello, per sostenere la battaglia delle “mamme no Pfas” che si battono in Veneto per avere l’acqua pulita. «Non ho mai digiunato e pregato per una rivendicazione personale», spiega: «Lo faccio quando viene negato un diritto, come nel caso della contaminazione dell’acqua potabile dovuta a queste sostanze chimiche».

Qualcuno, quando lo vede iniziare, alla sua non più verde età, una nuova astinenza dal cibo, magari dentro una semplice tenda da campeggio in piazza, o in piena solitudine dentro una chiesa, gli consiglia di pensare alla salute; qualche altro gli dà del pazzo, idealista, o decisamente dell’incosciente. Ma uno come lui – pacifista della prima ora, iscritto da una vita al Mir, il Movimento internazionale per la riconciliazione, che ha rischiato la pelle più volte per il fatto di praticare la nonviolenza attiva – non si fa certo scoraggiare dai commenti di qualche benpensante.

Penultimo di otto fratelli, uno dei quali perso in un bombardamento quand’era recluso in campo di concentramento a Berlino, licenza elementare, emigrante, di professione cameriere, Danilo ha iniziato presto a digiunare. «La prima volta è stata quando, ancora venticinquenne, senza dirlo a nessuno, l’ho fatto perché si risolvesse una difficile situazione familiare», racconta. Ma è stato nel 1970, quando s’è trasferito ad Aosta per lavoro, che la sua militanza nonviolenta è diventata scelta di vita. È entrato nella Scuola di Pace della Val d’Aosta, della quale è oggi presidente onorario. «Lì mi sono associato al Mir e sono iniziate le prime manifestazioni». Come quella contro le spese militari. «Siamo stati tra i primi in Italia», ricorda, «a dichiararci obiettori fiscali alle spese militari».

NELL’ASSEDIATA SARAJEVO
Ma è stato a Sarajevo, dal settembre del 1994 fino alla fine dello stesso anno, dentro la città assediata, che Danilo ha vissuto una delle esperienze più intense della sua esperienza di volontario della pace. «Mi aveva colpito l’accusa di scarsa solidarietà nei confronti dei Paesi europei, spettatori inerti di fronte alla guerra civile in Bosnia-Erzegovina e del tragico assedio di Sarajevo, iniziato due anni prima. Così ho voluto mettermi in gioco e dare la mia piccola testimonianza», commenta.

Dopo un avventuroso viaggio di più giorni, accompagnando tre camion militari coi viveri e le derrate alimentari offerte da una parrocchia, Schenato è giunto nella capitale sotto i bombardamenti e ha iniziato il suo digiuno solidale con le genti sofferenti del posto: 39 giorni ad acqua, sale e latte per chiedere dialogo e riconciliazione tra le parti in conflitto, e solidarizzare con le popolazioni martoriate dalla guerra. Un digiuno interrotto per l’insorgere di un blocco intestinale. «Laggiù ho rischiato la vita almeno tre volte: durante i nostri spostamenti, infatti, i cecchini ci spararono, colpendo l’auto dove viaggiavamo». Ma più forte della paura in Danilo è stata la gioia intima davanti ai gesti di riconoscenza di quelle popolazioni vittime della violenza. «Porto nel cuore le lacrime di commozione versate da un’anziana di Sarajevo, vedendomi digiunare per loro», racconta il pacifista veneto, che ricorda con affetto le parole di gratitudine che gli dedicò in più occasioni il vescovo ausiliare della città bosniaca, monsignor Pero Sudar.

GLI INCONTRI DI PREGHIERA
Due anni dopo, nel 1996, Schenato torna in campo, stavolta nella sua terra, e manifesta col digiuno contro i tagli ospedalieri e il ridimensionamento dell’ospedale di Lonigo. Per 54 giorni di seguito bivacca davanti all’ospedale in tenda, organizza incontri di preghiera e raccoglie 5.000 firme contro lo smantellamento del pronto soccorso e altri due reparti. «Una notte la temperatura è scesa a meno 14, ma non mi sono fermato, perché si volevano chiudere reparti efficienti secondo la mera logica del taglio dei servizi», aggiunge.

A Vicenza, nel 2007, lo ritroviamo all’aeroporto Dal Molin, accanto ai gruppi di cristiani per la pace contro l’ampliamento della base militare americana. La Dal Molin era divenuta uno dei luoghi simbolo, come Sigonella e la Val Di Susa, delle resistenze nonviolente organizzate. A Vicenza quell’anno sfilarono in 120 mila contro la base Usa. Anche qui Danilo, con la sua tenda di pace, ha digiunato per 41 giorni, assumendo solo acqua, latte e zucchero ed era davanti alle ruspe che hanno iniziato i lavori di ristrutturazione dell’impianto militare. Battaglia persa quella? «Non è mai persa se si testimoniano i valori della nonviolenza. C’è chi semina e chi raccoglie. Se credi in Cristo, principe della pace, come fai a non essere un pacifista?».

Schenato non si ferma mai. È volontario dell’Anfas e dell’Avis. Ha scritto al Papa per chiedergli di poter celebrare a Roma la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato con tre giorni di veglia, preghiera e digiuno. «Il Nobel per la pace? Lo darei subito a tutte le mamme del mondo», esclama. Per la prossima Quaresima si recherà a Lampedusa a manifestare a fianco dei profughi che sbarcano sull’isola. Lo farà, come sempre, a modo suo: dimenticandosi il cibo, per ricordare al mondo che c’è chi non solo ha perso il diritto al mangiare, ma anche quello alla stessa esistenza.

Testo di Alberto Laggia - Foto di Marco Albertini/Alberto Bevilacqua

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