N. 53 - 2017 31 dicembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Un anno di cui rendere grazie a Dio, lasciando aperto il cuore alla speranza

Anche il 2017 è stato un anno di grazia del Signore. Con tante persone verso le quali essere riconoscenti e per le quali…

Ernesto Olivero

Il Sermig, un pezzo del regno di Dio fra noi

Un arsenale militare trasformato in luogo di pace, attività di servizio ai poveri per 800 mila euro al giorno: una storia…

Danilo Schenato

Il veterano dei digiuni in difesa dei diritti

A 86 anni, dopo una vita di manifestazioni non violente, continua a sostenere con il digiuno e la preghiera le cause che…

Santa Francesca Saverio Cabrini

Da 100 anni è la madre dei migranti

Nel Messaggio per la giornata mondiale della pace il Papa ha indicato come esempio la santa che assisteva gli Italiani immigrati…

Padre Piero Gheddo

Addio al pioniere del giornalismo missionario

È morto a 88 anni il prete del Pime che fece scoprire al grande pubblico il mondo delle missioni. Là dove vide nascere «la…

Biblioteca capitolare di Verona

Qui la storia fa capire il tempo presente

È la più antica collezione di libri aperta al pubblico e tra mille tesori ne conserva uno straordinario: il Codice di Ursicino…

Ite, missa est di Emanuele Fant

La nostalgia come occasione

Essere uomini di fede vuol dire vivere dentro a una nostalgia e scegliere questa mancanza come condizione di vita

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Ite, missa est di Emanuele Fant

La nostalgia come occasione

Essere uomini di fede vuol dire vivere dentro a una nostalgia e scegliere questa mancanza come condizione di vita

Ite missa est. Illustrazione di Emanuele Fucecchi

San Silvestro bisogna lasciare. Lasciare qualche cattiva abitudine, in nome di certi buoni propositi che faremo presto a dimenticare. Lasciare il clima natalizio che, spaventato dai botti, tornerà nei luoghi freddi da cui proviene. Lasciare un anno che, visto da in fondo, non era forse poi così male.

Io quest’anno ho lasciato il mio amico Matteo, perché ha deciso di farsi monaco cistercense. Era arrivato nella mia vita, con un tempismo da apparizione, proprio quando avevo bisogno di un coetaneo acuto e disponibile con cui parlare. La nostra amicizia era cresciuta, nutrita di escursioni, cene nei fine settimana e discorsi mistici notturni con la tisana. Quando sono stato certo che di questa rassicurante presenza non avrei potuto più fare a meno, Colui che me lo aveva dato me lo ha tolto di mano. Lo strappo, all’inizio, non si è quasi fatto sentire. Poi sono venute le feste di Natale.

Essere uomini di fede è accettare di vivere dentro a una nostalgia. Il desiderio che stimola le nostre preghiere sembra sempre destinato ad aumentare: un appartamento nuovo, un diploma, un amore danno un sollievo temporaneo che svanisce, non si dimostra mai la Soluzione. L’uomo religioso decide con intelligenza di abitare la sua fame: sperimenta la castità, riduce il riposo per pregare, limita il suo guardaroba a poche vesti sempre uguali. S’immerge in un ambiente che, invece di negare la legge universale della mancanza, elegge l’appetito a condizione. Questo fa sì che lui si possa riconoscere in un suo tratto fondamentale: la nostalgia per il Creatore. Tale ammissione è il campo base per partire alla ricerca di una vera identità.

La mia speranza per l’anno che viene è che diventi opinione comune questa incerta intuizione: nella nostalgia c’è una occasione. Aboliremo i fazzoletti per chi saluta i treni alla stazione; i passeggeri e chi rimane sorrideranno, man mano più lontani, ma uniti dalla comune convinzione che, in cambio di ogni addio, avremo una benedizione.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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