N. 6 - 2018 11 febbraio 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Quaresima, dono di Dio e tempo propizio per essere davvero noi stessi

Per vivere bene questo tempo forte rileggiamo insieme i passi di Evangelii gaudium sulle tentazioni, così da vincere le sfide…

A 160 anni dalla prima apparizione di Maria alla grotta

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A 160 anni dalla prima apparizione di Maria alla grotta

Lourdes la casa degli italiani

Padre Nicola Ventriglia è il responsabile dell’accoglienza per i pellegrini del nostro paese: «tutti abbiamo bisogno di un luogo così, vi si respira un’aria pulita che rigenera lo spirito e dona la vita»

Padre Nicola Ventriglia presiede la celebrazione del Rosario nella grotta di Lourdes.

«Qual è il miracolo di Lourdes? «Il fatto che tanta gente arrivi qui e poi abbia il desiderio di tornare. Le guarigioni fisiche sono importanti, certo, ma non spiegano tutto». Padre Nicola Ventriglia appartiene agli Oblati di Maria Immacolata e dal 2012 è il “cappellano” dei pellegrini italiani a Lourdes. Abbozza un sorriso: «Il santuario più importante degli italiani è Lourdes».

Ogni giorno padre Nicola accoglie i suoi connazionali (il gruppo più numeroso, dopo i francesi, a gremire questo luogo), li confessa, celebra la Messa in italiano nella cappella di San Giovanni Maria Vianney e nella grotta di Massabielle – dove la Madonna apparve per la prima volta a Bernadette Soubirous centosessant’anni fa, l’11 febbraio 1858 –, recita il Rosario trasmesso in diretta su Tv2000. Lo incontriamo nel suo ufficio, nella palazzina all’ingresso della cittadella del santuario.

È vero che negli ultimi anni il numero degli italiani è calato?

«Purtroppo Lourdes è collegata malissimo. In passato i voli low cost di Ryanair erano più costanti e permettevano di arrivare senza spendere troppo. Durante il fine settimana era sempre pieno d’italiani. Adesso, complice anche la crisi economica, ne arrivano di meno. Da Pasqua a fine ottobre i pellegrinaggi organizzati con Oftal e Unitalsi sono sempre numerosi. Molti vengono da soli, alla buona».

Anche Lourdes, dunque, è in crisi?

«Tutt’altro. Se si offre la possibilità di partire a prezzi accessibili, la gente viene. Questo santuario, come diceva Paolo VI, è una “clinica dello spirito”. Tutti abbiamo bisogno di venire».

Quanti italiani famosi ha accolto?

«Tantissimi. Cantanti, militari, capitani d’impresa. Molti arrivano in incognito. Michele Ferrero (l’imprenditore piemontese della Nutella e dell’ovetto Kinder, ndr) veniva spesso ma senza clamore: “Vengo solo per incontrare la Madonna”, diceva».

L’Italia è disseminata di santuari mariani. Perché Lourdes attira tanti italiani?

«È la stessa domanda che mi ha fatto una volta il vescovo di Lourdes».

Cosa gli ha risposto?

«La Madonna è di casa tra gli italiani. I nostri parroci attraverso la catechesi insistono molto sulla figura di Maria. E poi quando si parla dell’Immacolata si parla di Lourdes».

Qual è il significato di questo luogo?

«Non si capisce Lourdes se non a partire dalle diciotto apparizioni di Maria a Bernadette, la quale arriva alla grotta di Massabielle perché vuole prendere una boccata d’aria. Soffriva d’asma, abitava al cachot, l’antica prigione del castello, un ambiente malsano dal fetore insopportabile. La finestra apriva sul letamaio e la porta sulla fogna a cielo aperto. Quella mattina dell’11 febbraio 1858 la mamma dice alla sorella di Bernadette, Marie Toinette, e all’amica di andare a prendere della legna per il fuoco e Bernadette vuole andare pure lei. La madre le dice di no, ma lei insiste non per chissà quale motivo ma perché voleva respirare un po’ di aria pulita, rigenerante. A Lourdes si viene per respirare un po’ di aria pulita, che si sia coscienti o meno. Come Bernadette quella mattina».

Molti vi ritornano più volte. Perché? «Le apparizioni sono diciotto, Bernadette tornò alla grotta diciotto volte, sempre col permesso dei genitori perché non avrebbe mai disubbidito loro. In questi incontri Bernadette fa un’esperienza che lei descrive con grande semplicità, senza fanatismi o fervori mistici. “Mi sono sentita trattata come una persona”, ripete, “mai nessuno mi aveva guardato così. La “bella Signora” mi ha fatto sentire che anch’io sono importante”. Ecco l’altro messaggio di Lourdes: tutti abbiamo bisogno di sentirci rispettati come persone. Perché vengono qui tanti malati? Perché qui i malati non sono solo malati, ma persone. Bernadette per gli abitanti di Lourdes era la petite merdeuse, l’analfabeta, la figlia del ladro».

Impossibile a credersi che la Madonna abbia scelto lei.

«Bernadette stava così bene con la “bella Signora” che vuole incontrarla di nuovo. Dopo, dirà sempre che gli incontri alla grotta le hanno cambiato la vita. In che senso? Per me è un rompicapo. Perché Bernadette dice che la sua vita è cambiata? In fondo, era asmatica e continuò a esserlo, restò analfabeta, morì di tumore al ginocchio a 35 anni nel convento di Nevers, dove si era ritirata. La risposta che mi sono dato è che Lourdes è il luogo del vivere normale, della quotidianità. Chi viene a Lourdes per cercare segni straordinari, miracoli, forse resterà deluso. Quante volte alla grotta ho visto persone piangere, sospirare, trovare nuova speranza, capire che c’è un modo diverso di vivere, sia pure con le fatiche e le contraddizioni che tutti ci portiamo dietro. Si torna a Lourdes perché questo è il luogo dove metti i piedi per terra. Non è uno spiritualismo astratto».

Qual è il suo compito qui a Lourdes?

«Il nostro compito, come pure quello degli hospitalier, dei volontari di tutti è quello di essere un piano inclinato, di permettere alla gente che arriva di poter fare quest’esperienza, di respirare una boccata d’aria pulita. È come se la Madonna dicesse a me e a tutti: aiutami perché i pellegrini possano fare quest’esperienza di rinnovamento, non fare troppe prediche, non dire troppe parole. Lourdes è una clinica che ti rimette in sesto e ti ridona la vita. Il Cielo si è piegato su questo luogo».

Moltissimi pellegrini, non solo malati, chiedono di fare il bagno nelle piscine accanto alla grotta. Che significato ha questo gesto?

«Quando la Madonna indica a Bernadette di cercare la sorgente, la invita a scavare. E lei scava, trova prima fango, acqua sporca, poi finalmente zampilla l’acqua pulita. Tutti noi abbiamo bisogno di scavare nel nostro cuore e nella nostra vita, all’inizio c’è il fango, certo, ma poi affiora l’acqua pulita che è la nostra bontà, la nostra capacità di accogliere e amare».

Lei raccoglie molte testimonianze dei pellegrini. Come vivono la loro vita dopo il pellegrinaggio a Lourdes?

«Una vita di speranza, di serenità, di grazia. Come Bernadette che dopo le apparizioni torna alla vita di sempre: gioca con i compagni, fa le cose che faceva prima. Il Vangelo, che qui Maria riannuncia attraverso Bernadette, ci rende persone intere, dritte, senza storture».

L’ANNIVERSARIO. 160 FA LA PRIMA APPARIZIONE
L’11 febbraio 1858 Bernadette vede una «signora» vestita di bianco nella grotta di Massabielle. È la prima delle diciotto apparizioni di Lourdes, che proseguiranno fino al 16 luglio. Nella nona apparizione, il 25 febbraio, la ragazza, seguendo le indicazioni della Madonna, scopre la sorgente. Il 2 marzo, tredicesima apparizione, Maria affida un messaggio per i sacerdoti e il 25 marzo, penultima manifestazione, si presenta come «l’Immacolata concezione».

DA SAPERE: ALLA FONTE DEI MIRACOLI
Dalle apparizioni del 1858 ai giorni nostri sono sessantanove i miracoli ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa e attribuiti all’intercessione della Vergine di Lourdes. Ma almeno altri settemila casi sono classificati come «guarigioni non spiegabili». I primi cinque miracoli avvennero nelle settimane in cui erano in corso le apparizioni e, insieme ad altri due casi avvenuti nei mesi successivi, sono stati riconosciuti dal vescovo di Lourdes nel 1862. Il miracolo più recente risale al 4 maggio 1989 e riguarda la guarigione di Danila Castelli, di Bereguardo (Pavia), che all’epoca aveva 43 anni. Le guarigioni vengono studiate e valutate da un rigoroso Ufficio delle constatazioni mediche e poi riconosciute dai vescovi delle diocesi di provenienza dei miracolati.

Testo di Antonio Sanfrancesco - Foto di Ugo Zamborlini

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