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La concorrente della prima edizione del Grande Fratello, dopo alcune comparsate, oggi fa la cassiera. Ebbene, so che il televoto…
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Elogio di Cristina Plevani
La concorrente della prima edizione del Grande Fratello, dopo alcune comparsate, oggi fa la cassiera. Ebbene, so che il televoto è chiuso da 18 anni, ma io scelgo lei
«Come si è ridotta? A fare la cassiera», dicono, sfogliando una rivista, le signore in fila dal parrucchiere. Parlano di Cristina Plevani, vincitrice della prima edizione del Grande Fratello nell’anno 2000. Io me la ricordo: riccioli biondi, sfrontatezza mitigata da una accesa sensibilità femminile, quel qualcosa più di un bacio col concorrente Pietro Taricone. Ora è una signora di 45 anni che si fa fotografare dietro al nastro scorrevole della sua nuova postazione di lavoro.
Le clienti del salone sbarrano gli occhi di fronte a quell’articolo che considerano quasi osceno: non riescono a capire come un essere umano possa piombare dal desiderabile universo della televisione al mondo dove esistono le tasse, le levatacce, il sudore. A dire il vero, basta leggere l’intervista per capire: Cristina, all’apice della fama, si è dedicata alle ospitate, poi si è accontentata di qualche ruolo minore, infine il telefono dorato ha smesso completamente di squillare. Il problema dei protagonisti dei reality, si sa, è che si sfidano, possono vincere o cadere, ma si sgretolano in un istante di fronte a un interrogativo essenziale: in quale disciplina eccellono? Così, spenti i riflettori, l’interesse della gente verso di loro si assopisce nel corso di una stagione.
So che il televoto per quella edizione è chiuso da 18 anni, ma io avevo bisogno di un po’ di tempo per capire. Ora è evidente che era lei la migliore. Voto Cristina. Com’è di?fficile far fuori la retorica del «sogno da inseguire a tutti i costi», che produce intemperanti adulti-bambini, larve umane ridotte a bazzicare eternamente i camerini per implorare una parte minore in uno show. Cristina si è procurata una sveglia e un grembiule, salvandosi dal gorgo di una finta vocazione. Le aspettative sono sempre affamate, vanno ingozzate di consenso degli altri. La nostra essenza, bastando a se stessa, non ha il timore di sentirsi banale. Trattatela male! Resiste alle alte temperature e pure al gesto sempre uguale di una cassiera.
Illustrazione di Emanuele Fucecchi