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Grazie a mio figlio il cromosona 21 fa meno paura a tutti
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King e Mandela: dal carcere la misura della vera libertà
Quest’anno ricordiamo due leader politici che hanno subito la carcerazione per la causa della giustizia e della libertà
Ite, missa est di Enzo Romeo
King e Mandela: dal carcere la misura della vera libertà
Quest’anno ricordiamo due leader politici che hanno subito la carcerazione per la causa della giustizia e della libertà
Il carcere come paradigma di libertà. Non è una contraddizione se guardiamo alle vite di chi ha saputo, proprio da una cella, immaginare un futuro di emancipazione e giustizia. Quest’anno due anniversari ce lo ricordano. Il 4 aprile 1968 a Memphis veniva ucciso Martin Luther King. Cinque anni prima, nella prigione di Birmingham, in Alabama, aveva scritto una lettera aperta in cui affermava che «l’ingiustizia che si verifica in un luogo minaccia la giustizia ovunque» e richiamava alla «responsabilità morale di disobbedire». Il reverendo King era finito dietro le sbarre per aver partecipato a una protesta non violenta contro la segregazione razziale. Con la lettera replicava alla dichiarazione di otto ecclesiastici che, pur consci delle ingiustizie sociali presenti negli USA, auspicavano che la battaglia si combattesse nel chiuso dei tribunali, non nelle strade. «Il vostro “aspettate” significa quasi sempre “mai”», rispose. E citò Sant’Agostino: «Una legge ingiusta non è legge».
Il secondo anniversario riguarda Nelson Mandela, di cui si sta per celebrare il centenario della nascita, avvenuta il 18 luglio 1918 nel piccolo villaggio di Mvezo, nel sud-est del Sudafrica. Il paladino della lotta all’apartheid fu imprigionato per ventisette anni. Scrisse alla sorella: «La sfida di ogni recluso è di sopravvivere alla galera mantenendo la propria integrità, di uscire senza aver perso qualcosa di sé». Mandela comprese che proprio grazie alla detenzione avrebbe potuto portare avanti la sua lotta. Quando fu liberato, l’11 febbraio 1990, non era più un leader qualsiasi, ma un eroe mondiale. Tra le mura di Robben Island aveva maturato quel pensiero di liberazione universale dal male poi trasferito in una delle sue frasi più famose: «Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe a cui appartengono. Gli uomini, se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio».
Illustrazione di Emanuele Fucecchi