N. 9 2014 2 marzo 2014
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La cantastorie di Dio

Intervista alla biblista “itinerante” Antonella Anghinoni che, fin dalla nascita di Credere, ci accompagna con i suoi…

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Antonella Anghinoni

La cantastorie di Dio

Intervista alla biblista “itinerante” Antonella Anghinoni che, fin dalla nascita di Credere, ci accompagna con i suoi commenti. Da questa settimana, ci racconterà la storia delle donne nella Bibbia.

 

Antonella Anghinoni, foto SCALA

Antonella Anghinoni, foto SCALA..

La Bibbia narra la storia dell’uomo. L’uomo di ieri, di oggi, di domani. Di ogni tempo. Racconta la mia storia, la tua storia. Una storia fatta di cose belle e giuste ma anche di peccato e di errori. Il mio peccato, il tuo peccato. I miei errori, i tuoi errori. Narra di un Dio che, nonostante tutto, mi perdona, ti perdona. Sempre. Un Dio che mi ama, ti ama… ci ama come figli e ci accompagna tutti – ognuno in modo unico – in questa meravigliosa storia che è la vita». Mentre intervistiamo la biblista Antonella Anghinoni, pare quasi di sentirla parlare in una delle sue seguitissime conferenze.

Di stanza a Verona, ma perennemente “in marcia” in Italia e in Terra Santa per raccontare la parola di Dio a ogni tipo di pubblico, Antonella – esuberante, entusiasta e “itinerante” biblista o, come si definisce lei, “cantastorie di Dio” – accompagna i lettori di Credere con i suoi commenti biblici fin dalla nascita del nostro settimanale, ormai quasi un anno fa. Fino alla settimana scorsa curava la rubrica Le storie della Bibbia, in cui spiegava un episodio biblico, raffigurato con un fumetto, contestualizzandolo nell’ambiente in cui era narrato.

Da questo numero ci intratterrà settimanalmente, invece, con una nuova serie che si concentrerà su un tema che la appassiona personalmente e che affascinerà anche le nostre lettrici (e, ovviamente, i nostri lettori): Le donne nella Bibbia. «La donna ha la vocazione naturale di custodire la vita e le relazioni umane; l’uomo, invece, è progettualità, praticità, slancio verso il futuro. I rabbini dicono che l’uomo parla con Dio attraverso i paramenti, cioè con la dimensione dell’esteriorità, attraverso le cose visibili, quindi con la testa. La donna, invece, parla con la “pancia”: sa comunicare con il bimbo che porta in grembo e che non vede; è allenata, quindi, a fare lo stesso con Dio», spiega quasi con commozione. Anche il rapporto con Dio, dunque, è questione di “genere”: uomini e donne, il bello della loro differenza sta anche nel diverso modo di rivolgersi all’Altissimo.

«Conoscere chi e cosa siamo ci dà la possibilità di comunicare con l’altro – sia esso Dio o un’altra persona poco importa – in maniera più vera. Esserne consapevoli ci aiuta a rispettare la nostra e l’altrui identità e, quindi, a evitare pasticci», precisa. La Bibbia spiega bene questa “identità di genere”, da conservare come tesoro prezioso. «Nel libro della Genesi l’uomo è descritto come custode del giardino: egli si realizza nel “fare”, cioè nel lavoro pratico. Questo significa che egli deve lavorare. Se non lo fa – e il tempo di crisi che stiamo vivendo, ahimè!, ce lo mostra ogni giorno – è a rischio di depressione, perché non mette a frutto i suoi talenti naturali. L’uomo guarda avanti per vocazione, anche se talvolta si rinchiude nel ricordo e nel passato e rischia di non uscire dal suo guscio. La donna, invece, è custode della relazione: in tantissimi episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, che racconterò nella nuova rubrica, è proprio lei che determina – nel bene e, talvolta, nel male – le relazioni familiari con il marito, con i figli, con i genitori, con Dio».

Altro tema rilevante è il “corpo” della donna. «In una concezione di spiritualità ormai, per fortuna, superata, c’era l’anima, buona, e il corpo, cattivo. Nella Bibbia non è così: anche il corpo è “buono”, perché è il mezzo con cui Dio comunica con gli uomini. Se la nostra è, come è, una fede “incarnata”, il corpo è il mezzo per realizzare il sogno di Dio su di noi: la salvezza. Esso, allora, non deve essere né idolatrato, ad esempio con la chirurgia estetica, né negato, ma deve divenire “luogo di salvezza”, possibilità, cioè, di agire nel mondo e con Dio». Qualche esempio? Sara, la moglie del patriarca Abramo. «I suoi piedi, muovendosi, accompagnano il marito aiutandolo a seguire il comando di Dio di lasciare la sua terra per andare nella terra promessa. La sua pancia, poi, ha contenuto Isacco, il figlio della Promessa».

Una curiosità ci assale: è più facile la parte dell’uomo o quella della donna? «Secondo me alla donna tocca la parte più difficile, perché è più complicato e faticoso curare le relazioni umane del lavoro pratico: ci vuole tanta pazienza, delicatezza, sapienza. Le donne, oggi, hanno un po’ dimenticato queste loro caratteristiche e sono diventate più aggressive, spaventando spesso l’uomo. Le donne bibliche, invece, “lavoravano” l’uomo ai fianchi ottenendo, con la loro dolcezza, quello che volevano».

Un’altra curiosità ci prende: cosa c’è dietro a una “donna” che narra le “donne”? «Una vera e propria vocazione», risponde Antonella con una risatina furba, cominciando a parlare di sé. Ci racconta della sua laurea in comunicazione a Milano, del lavoro intrapreso come responsabile dell’ufficio stampa presso un’azienda nel campo dei gioielli, di tre anni di soddisfazioni professionali ma, allo stesso tempo, di una domanda interiore che cresceva dentro. E, alla fine, la decisione di lasciare lavoro e amici e di andare in Brasile per fare volontariato. «Ho lavorato con i bambini di strada vicino a Fortaleza, poi un mese nel lebbrosario di Belem con i figli dei lebbrosi», spiega.

Alla fine monsignor Adelio Tommasin, il vescovo della diocesi di Quixadà che l’aveva accolta come figlia per la sua esperienza nelle periferie del mondo, le consiglia di fare teologia. La ragazza, che nel frattempo ha compiuto 27 anni (oggi ne ha 48), torna a Verona e si iscrive a Scienze religiose. «Quando ho sentito parlare in una conferenza la biblista Bruna Costacurta ho capito che la parola di Dio sarebbe stata la mia strada».

Terminati gli studi a Verona, si trasferisce a Roma per completare la formazione teologica alla Gregoriana e conseguire la specializzazione in teologia biblica. Su consiglio di padre Ugo Vanni, il professore che l’ha seguita negli studi, si specializza sulle donne bibliche. «Alla fine padre Vanni mi ha congedato con una benedizione: “Ora sei pronta per predicare”». Detto, fatto.

Testo di Stefano Stimamiglio

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