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I gesuiti della Civiltà cattolica
I giornalisti che remano insieme al Papa
È una delle comunità più singolari dei Gesuiti, quella dei religiosi che da Villa Malta a Roma realizzano la nota rivista, giunta ora al numero 4.000
Giornalisti un po’ speciali, con uno stile di lavoro vagamente monastico, papa Francesco li ha chiamati «lavoratori», preferendo alla definizione di Leone XIII, «emeriti studiosi», quella di padre Curci. Così infatti il fondatore di La Civiltà cattolica vedeva i Gesuiti della sua redazione, quel «Collegio degli scrittori» che dal 1850 nei suoi articoli analizza, riflette e accompagna la storia della società e della Chiesa a 360 gradi, lavorando a stretto contatto con la Santa Sede (tanto che le bozze della rivista sono approvate dalla Segreteria di Stato). Francesco li ha incontrati in occasione dell’uscita del numero 4.000, che ha voluto omaggiare con un chirografo (cioè un testo scritto di suo pugno, ndr), riportato sulla copertina rosso fuoco, in cui definisce la rivista «unica nel suo genere per il servizio alla Sede apostolica» e auspica che «possa continuare a essere rivista ponte, di frontiera e di discernimento».
I sette «scrittori» dell’attuale «collegio» (così si chiama ufficialmente il gruppo di redattori della rivista) vivono sotto lo stesso tetto a Villa Malta, sulla collina del Pincio, che un tempo era detta la «collina dei giardini», nel centro storico di Roma, fra Trinità dei Monti e il Quirinale. La residenza, un tempo centro della vita culturale della comunità tedesca, per un breve periodo andò in affitto ai cavalieri dell’Ordine di Malta, ed è stata acquisita dai Gesuiti nel dicembre del 1949, per dare una sede più ampia alla comunità di religiosi che papa Pio IX nel 1850 aveva voluto alla guida della testata che nasceva come missione specifica della Compagnia di Gesù.
«I Papi hanno sempre considerato La Civiltà cattolica uno strumento utile per l’esercizio del loro ministero», dice padre Giovanni Sale, decano della rivista, autore con il direttore, padre Antonio Spadaro, del volume Il coraggio e l’audacia (Rizzoli), che racconta il rapporto della testata con i diversi Pontefici. «Il Papa, il Padre generale e il Collegio degli scrittori vengono indicati sin dall’inizio come le tre figure di riferimento per la rivista su cui, è detto esplicitamente, possono scrivere solo Gesuiti». Sin dal primo numero La Civiltà cattolica esce in italiano, vale a dire che «sceglie di comunicare con la lingua usata dai giornali che nascevano in quegli anni e che la Chiesa guardava con sospetto, accusandoli di essere un ostacolo alla verità: è interessante notare», dice padre Spadaro, «che si scelse di lavorare non con il latino ma con quell’italiano pungente e militante usato dalla stessa comunicazione che si criticava».
CIASCUNO SI SPECIALIZZA
Ogni «scrittore» ha una sua competenza specifica: da 20 anni, per esempio, Sale si occupa di storia moderna e contemporanea, e quindi di geopolitica, spaziando da Giordano Bruno ai rapporti tra cristianesimo e islam. Il direttore è arrivato alla rivista 20 anni fa con un dottorato in Teologia, ma per occuparsi di frontiere culturali, compresa quella digitale alla quale ha dedicato molte energie. Attualmente segue con attenzione le vicende della Chiesa, con particolare attenzione al pontificato di Francesco; padre Francesco Occhetta è l’uomo della politica, dei temi più sociali e della comunicazione; padre Giovanni Cucci è psicologo e professore di filosofia, suoi gli approfondimenti sui vizi capitali, sulla felicità e su pedofilia e abusi nella Chiesa (settore per il quale è anche incaricato della Provincia d’Italia); al vicedirettore, padre Giancarlo Pani, arrivato appena due anni fa dopo essere andato in pensione dalla cattedra di Storia del cristianesimo e delle Chiese alla Sapienza, sono affidati tutti gli approfondimenti tra il teologico e lo storico, dalla Riforma di Lutero al diaconato femminile. A padre Domenico Ronchitelli, come a ogni caporedattore che si rispetti, tocca “la macchina” del giornale, mentre allo “straniero” Diego Fares, argentino, amico di papa Francesco di lunga data, è affidata una lettura più attenta di alcuni temi bergogliani di ampio respiro: il discernimento, l’episcopato, la visione socio-politica. In Argentina insegnava Filosofia all’università e operava in due comunità di persone marginalizzate e malati terminali abbandonati. Qui a Roma scrive per la rivista e lavora con migranti e rifugiati del «Centro Astalli».
IN COMUNITÀ A VILLA MALTA
La comunità che vive presso la residenza di Porta Pinciana è più ampia del Collegio degli scrittori: ne fanno parte i redattori emeriti, cioè i Gesuiti che hanno superato i 75 anni ma che continuano comunque a scrivere: basti citare padre Virgilio Fantuzzi, famoso critico cinematografico; o l’ex direttore, padre Giampaolo Salvini, o padre Giandomenico Mucci, esperto di ecclesiologia e spiritualità. Su Villa Malta gravitano infine anche altri Gesuiti che lavorano nel campo dell’apostolato intellettuale. Una piccola comunità di religiose del Cenacolo, proveniente dalla Sardegna, si occupa della casa. Al di là di chi vi abita o lavora, non è raro vedere passeggiare nei lunghi corridoi, nello splendido ingresso o nei vialetti del giardino, persone in meditazione o in preghiera. Così come di mattina è facile incontrare studiosi immersi nella lettura di qualche volume della fornitissima biblioteca, il cui catalogo, con i suoi 600 mila volumi, è anche online. E sono consultabili via web, grazie a un accordo con Google, anche tutti i volumi di La Civiltà cattolica fino a cinque anni prima dell’ultimo numero in uscita. Rivista di alta divulgazione, i suoi articoli densi, che di solito partono dalle radici dell’argomento trattato e lo contestualizzano, offrendo fonti e citazioni, spesso rappresentano un’ottima base per dare corpo e sostanza a tesi di laurea, articoli o discorsi per conferenze, «risparmiando la fatica di leggere 4-5 libri», chiosa Sale.
ORGANIZZAZIONE INFORMALE
Chi, entrando a Villa Malta, pensasse di trovare la frenetica attività che caratterizza una normale redazione resterebbe stupito. Quasi tutti gli «scrittori» lavorano nella propria camera; gli incontri quindicinali per valutare il numero in uscita e progettare i successivi non hanno «una stanza riunioni» ma si svolgono tra l’ufficio del direttore, la «Sala della musica», «quella dei giornali» o «quella dei seminari». «Vivendo sotto lo stesso tetto», commenta Spadaro, «si finisce per chiacchierare e scambiarsi delle idee anche incrociandosi per le scale». Il pranzo – che come in ogni comunità di Gesuiti viene consumato insieme mentre invece la cena è libera –, è però «un momento in cui il lavoro viene messo da parte», dicono all’unisono i padri. Ciascuno segue le mille attività che lo impegnano oltre la rivista: dall’insegnamento in Gregoriana (Cucci e Sale) agli incontri di formazione politica per giovani universitari o per manager, seguiti da padre Occhetta, che è tra l’altro anche assistente dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana); dai colloqui spirituali richiesti dai singoli alla cura di volumi e di collane editoriali, in collaborazione con editori come Rizzoli, Àncora, Jaca Book.
POLMONE CULTURALE
Il «Collegio degli scrittori» promuove anche seminari e conferenze aperte ai lettori, proprio «per accompagnarli nella formazione, al di là degli articoli», dice padre Occhetta. Immigrazione, vita e morte, salute e sanità sono alcuni dei temi che sono stati trattati in questo anno. La casa si pone come polo culturale su Roma, ma anche come polmone di pensiero ed elaborazione a livello più ampio. Il direttore coordina pure dei seminari per esperti, a porte chiuse, dove teologi, intellettuali e specialisti di tutto il mondo si ritrovano a discutere liberamente su argomenti vitali nella vita della Chiesa. L’ultimo ha prodotto il volume La riforma e le riforme nella Chiesa, edito da Queriniana. E un nuovo appuntamento è in programma, nel prossimo maggio, sulla geopolitica al tempo di Francesco. Infine «la seconda e la terza domenica di maggio invitiamo i Gesuiti che vivono a Roma, nelle case internazionali o di passaggio, a vivere una giornata con noi. È un modo per conoscersi, per fare festa e condividere, ma anche per chieder loro di collaborare con la rivista», ricorda padre Cucci.
IN FESTA CON IL PAPA
Il 9 febbraio, nell’udienza privata per il numero 4.000 della rivista, papa Francesco ha fatto un discorso di prospettiva che ha toccato i padri presenti. «Mi ha colpito in particolare l’indicazione di guardare a tre Gesuiti, Favre, Ricci e Pozzo, per la loro inquietudine e immaginazione, che significa essere sempre in ricerca, non avere risposte per tutto», sottolinea padre Cucci. «È il tema dell’incompletezza, dell’andare in mare aperto, cercando anche fuori dai confini», aggiunge Spadaro. Mentre Occhetta si dice colpito «dalla fiducia che il Papa ci dà come collegio, pur nella nostra profonda diversità». «Ci ha detto che siamo dentro la barca di Pietro», aggiunge Sale, «e come Collegio questo rapporto con Pietro e con la Chiesa è centrale». «Insomma, remiamo con lui», conclude Pani. «Mentre, come ha detto lo stesso Francesco, altri possono remare contro».
Testo di Vittoria Prisciandaro · Foto di Carlo Gianferro