N. 9 - 2019 3 marzo 2019
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La basilica del Mercoledì delle ceneri

L’antichissima chiesa paleocristiana, dove visse anche san Domenico, è la prima tappa delle 44 tradizionali Stazioni quaresimali di Roma. Il 6 marzo papa Francesco presiederà il  rito che introduce al cammino verso la Pasqua

 La basilica di Santa Sabina

Per arrivarci bisogna lasciare il caos di auto e turisti, di ristoranti, bar e negozi, raggiungere quieti viali alberati e affrontare una salita. Forse è per questo che nel 1962 la basilica di Santa Sabina, sul colle Aventino, venne scelta dal vescovo di Roma per celebrare la Messa con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri. In passato la processione penitenziale che dà inizio alla liturgia partiva infatti dal basso, da Sant’Anastasia, circa 700 metri che terminavano con un’ascesa, quasi una metafora del cammino quaresimale. Anche se oggi la processione parte da Sant’Anselmo, a poche decine di metri di distanza, la basilica del quinto secolo resta la meta della prima “stazione” quaresimale. Quella delle stazioni è un antico rito romano, che oggi sopravvive nella celebrazione delle Ceneri a Santa Sabina e il Giovedì santo, presso la basilica lateranense: in ogni giorno della Quaresima i fedeli si radunavano presso una delle 44 chiese dette “stazioni quaresimali” per fare memoria dei martiri che costituiscono le fondamenta della Chiesa di Roma. Nelle basiliche venivano esposte le reliquie e celebrata la Messa preceduta da una processione, durante la quale si cantano le litanie dei santi.

Anche quest’anno dunque Francesco si recherà a Santa Sabina e celebrerà come da tradizione con cardinali, arcivescovi, vescovi, monaci Benedettini, padri Domenicani e fedeli in questa chiesa tanto fiera della sua bellezza architettonica da essere completamente spoglia. «Sì, è vuota. È la prima cosa che colpisce di questa basilica, che forse resta l’unico luogo dove si può ammirare nel suo fulgore una chiesa paleocristiana del quinto secolo», dice padre Philipp Johannes Wagner, che dal giugno scorso è rettore della chiesa e del complesso monastico dove oggi ha sede la curia generalizia dei Domenicani.

LA CASA DEI DOMENICANI
La bellezza della chiesa è prima di tutto nella sua struttura: tre navate con 24 colonne con capitelli corinzi e basi appartenenti probabilmente a un edificio preesistente, del secondo secolo; nella porta lignea, dove delle 28 tavole originarie ne restano solo 18, con scene dall’Antico e dal Nuovo Testamento, e tra le quali spicca la prima, o una delle primissime, raffigurazioni di Cristo in croce, vivo, affiancato dai due ladroni; nella Schola Cantorum, del IX secolo, che è stata ripristinata nel corso dei due restauri del XX secolo. Di particolare interesse è la decorazione originaria della navata, che ancora sussiste nel mosaico della facciata interna, dove si vedono due matrone: quella di destra sorregge il libro del Nuovo Testamento e sotto i suoi piedi reca l’iscrizione «Ecclesia ex gentibus»; quella di sinistra, invece, ha in mano il libro dell’Antico Testamento e un’iscrizione la personifica come «Ecclesia ex circumcisione». «La spiritualità del mosaico è chiara: le origini della Chiesa cristiana nascono dalla conversione dei pagani e degli ebrei», dice padre Wagner. Sempre nel mosaico un’iscrizione ricorda che la fondazione della chiesa avvenne sotto il pontificato di Celestino I (422-432) da parte del sacerdote dalmata Pietro d’Illiria.

La basilica – che sorgeva su un colle isolato rispetto alla città, dove nei secoli piano piano verranno a stabilirsi diversi ordini religiosi – venne affidata nel 1219 a san Domenico di Guzman e ai suoi frati predicatori da papa Onorio III. Da allora sono passati qui celebri Domenicani, come Tommaso d’Aquino e Pio V, e ancora oggi è conservata la cella del santo fondatore. Alla presenza di san Domenico in questi luoghi, tra l’altro, sono legate alcune leggende. La prima è relativa a una pietra nera, visibile su una colonna tortile a sinistra della porta di ingresso: sarebbe stata un masso di basalto del tetto della casa, scagliato, senza provocar nessun danno, dal diavolo contro il santo raccolto in preghiera. L’altra curiosità è relativa a una pianta di arancio nel cortile del chiostro: pare sia stato il primo a essere trapiantato in Italia, grazie a un seme portato da Domenico dalla Spagna, sua terra d’origine. Albero che ha continuato a dare frutti e dal quale si narra abbia raccolto le arance santa Caterina da Siena per donarle a papa Urbano VI nel 1379.

LUOGO D’ASCOLTO
La zona dell’Aventino, che la leggenda vuole sia stata scelta da Remo per fondare la città, era edificata con templi e dimore nobiliari. La basilica sarebbe stata costruita sulla casa della martire Sabina, il nome della quale è posto sulla cassa che ne custodisce le reliquie, dove si accenna al martirio della donna, che avvenne sotto l’imperatore Adriano. Nei secoli la chiesa ha subito numerose ristrutturazioni fino ad arrivare ad arrivare al restauro dell’inizio ‘900 che ha riportato la basilica alle forme originarie. Nell’alto Medioevo i frati decisero di aprire una seconda chiesa nel cuore di Roma, santa Maria sopra Minerva, per dedicarsi alla predicazione, pur conservando la cura della basilica.

«Negli anni Venti del secolo scorso il quartiere si è ripopolato, è diventato una zona residenziale, case di lusso e antichi conventi», dice il rettore. A Santa Sabina in tanti scelgono di sposarsi, per la bellezza della chiesa e per il panorama sui tetti di Roma. Di fatto la basilica continua a essere periferica rispetto ai grandi flussi di turisti e questo consente di dedicare attenzione a chi arriva in visita. «La mia principale attività è incontrare le persone. Mi piace accompagnarle a scoprire la bellezza di questo luogo, raccontare dell’Ordine. È difficile a Roma che un religioso ti dica una parola, vorrei che qui i visitatori si sentissero accolti. Se anche solo si andasse via portando il ricordo di una parola che ha indicato un percorso di spiritualità, di bellezza, per me sarebbe già tanto».

La processione del Mercoledì delle ceneri.
   

ORGANIZZARE LA VISITA
La basilica di Santa Sabina si trova sul colle Aventino a Roma (piazza Pietro d’Illiria 1). A piedi si raggiunge dalle stazioni Circo Massimo o Piramide della Metro B. Tel. 06/57.94.01.

ORARI E RICORRENZE
È aperta tutti i giorni dalle ore 7.15 alle 20. Accesso libero. Il 24 giugno vi si celebra il transito di San Domenico. Info sulle visite guidate a pagamento: tel. 327/97.58.869 www.circuitoaperto.it.
   

Testo di Vittoria Prisciandaro

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