di Gerolamo Fazzini
«Come vivo quest’incarico? Con una sensazione di inadeguatezza, col timore di rovinare una cosa bella. Di certo io e mia moglie lo interpretiamo come un servizio e non un “far carriera”. Anzi: avrei preferito continuare a fare il papà di casa-famiglia. Perciò sono contento che si tratti di un impegno a tempo: in base alle nuove norme vaticane, ho iniziato un mandato di 5 anni, rinnovabile al massimo per una seconda volta». Si presenta così, con una semplicità disarmante, Matteo Fadda, che nel maggio 2023 ha assunto la guida dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII: una tra le realtà laicali più importanti d’Italia, cui fanno capo circa duemila persone in 46 Paesi. L’associazione sta vivendo una nuova fase della sua storia, dopo che nel 2008 Giovanni Ramonda ha raccolto il testimone direttamente dal fondatore, don Oreste Benzi, scomparso nel 2007.
Il 2025 è l’anno in cui Matteo e la moglie Carla Daviso festeggeranno i vent’anni di appartenenza alla Comunità, proprio negli stessi mesi nei quali la Papa Giovanni ha promosso una serie di iniziative per celebrare il centenario della nascita del “prete dalla tonaca lisa” che l’ha fondata. Matteo e Carla hanno entrambi 52 anni, sono sposati dal 1999, hanno quattro figli naturali di età compresa fra i 23 e i 16 anni. Vivono a San Giorgio Canavese, un paese alle porte di Torino, in una casa-famiglia nella quale, fra gli altri, è accolta una ragazza di 21 anni, arrivata dal Ghana in Italia grazie ai corridoi umanitari attivati insieme alla Comunità di Sant’Egidio. Da quattro anni in qua, da quando l’impegno per la Comunità è aumentato, Matteo ha lasciato il suo lavoro di programmatore informatico; Carla, a sua volta, aveva scelto tempo fa di dedicarsi totalmente alla famiglia, dopo aver operato come segretaria di direzione in un ente di Torino.
Continua…
Leggi l’articolo sul numero di Credere in edicola da giovedì 2 gennaio e in parrocchia da sabato 4 gennaio.