Cari amici lettori, nel servizio “Una casa per curare i disturbi alimentari” (pag. 28) ci confrontiamo con il tema della fragilità. Una delle tante fragilità dei giovani (e meno giovani) di oggi, che può diventare una tragedia, se è vero che si tratta della seconda causa di morte tra gli adolescenti. L’esperienza raccontata nel servizio ci fa però riflettere in particolare su quale rapporto abbiamo con la fragilità in generale, rapporto che è cambiato molto nel tempo. Ricordo una famiglia di emigrati italiani in Germania, ricca di 5 figli, che ne aveva uno con una grave disabilità fisica e psichica.
Non lo si vedeva mai con gli altri della famiglia, con i cui ragazzi giocavo, ma ogni tanto ne sentivo qualche “verso”. Stava chiuso in una camera, a parte, da solo. Un tempo, questi ragazzi venivano brutalmente definiti “spastici” e semplicemente segregati. Allora non potevo capire il senso di vergogna, l’incapacità di relazionarsi con la “diversità” e la fragilità che c’era dietro. C’è voluta la determinazione e l’intelligenza – e diciamo pure la parola: l’amore – di un personaggio come il grande psichiatra Franco Basaglia (1924-1980), di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita l’11 marzo, per cambiare paradigma e approccio al mondo dei “matti”, restituendo loro dignità e umanità. Grazie a lui, con la legge del 1978 che porta il suo nome, si è posta fine all’epoca dei manicomi e al degrado umano che vi regnava. Già secoli fa san Giovanni di Dio aveva intuito che quello che i manicomi offrivano erano “cure” assolutamente inadatte e che anche i malati mentali richiedevano, per dirla con le parole di san Giovanni Paolo II, «il singolare aiuto che l’amore può offrire». Senza dimenticare profeti come don Oreste Benzi. “Amare”, “prendersi cura”, “farsi carico” sono verbi che definiscono uno sguardo diverso – e di conseguenza un diverso approccio – al disagio, in qualunque forma esso ci venga incontro.
Oggi, le iniziative di accoglienza e di inclusione si sono moltiplicate: penso a esperienze come PizzAut di Nico Acampora, recentemente premiato dal presidente Mattarella per l’iniziativa che dà lavoro a persone autistiche, o l’associazione iSemprevivi di don Domenico Storri che si prende cura di persone con disagio psichico. I “diversi” ci aiutano a una conversione dello sguardo sulla vita e del cuore: dovremmo ringraziarli. Ma forse c’è anche un altro insegnamento, meno ovvio, che ci viene dal mondo della fragilità. Fragili non sono solo gli altri: la fragilità abita anche noi. Una nostra fragilità accolta e curata fa molta differenza nella vita, ci riconcilia con noi stessi, ci fa diventare personalità più “armoniose” e benevole.
E si ripercuote beneficamente anche nei rapporti con il prossimo. Ne ha parlato papa Francesco, in un’udienza del gennaio 2023, spiegando: «La fragilità ci rende umani. Non a caso, la prima delle tre tentazioni di Gesù nel deserto – quella legata alla fame – cerca di rubarci la fragilità, presentandocela come un male di cui sbarazzarsi, un impedimento a essere come Dio. E invece è il nostro tesoro più prezioso: infatti Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la nostra propria fragilità». Parole da appuntarsi e meditare quotidianamente.