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sabato 23 agosto 2025
 
Parliamone insieme
 
Credere

Un’enciclica sul Cuore di Gesù per un mondo che ha smarrito il cuore

31/10/2024  «Con Dilexit nos papa Francesco rilegge in modo attualizzante una devozione che rimanda al fondamento della fede cristiana» “Parliamone insieme”: L'editoriale di Credere, a cura del direttore di don Vincenzo Vitale

Cari amici lettori, il 24 ottobre papa Francesco ha pubblicato la sua quarta enciclica intitolandola Dilexit nos (vedi servizio a pag. 16). Cristo Signore «ci ha amati», ricorda il Pontefice alla Chiesa intera. E appare quasi curioso che, in un clima ecclesiale solcato da varie discussioni, per non dire del contesto globale segnato da guerre e violenze, Jorge Mario Bergoglio abbia scelto di portarci su un terreno apparentemente distante, di carattere spirituale e mistico, come quello della devozione al Cuore di Gesù.

Il simbolo del cuore, che oggi potrebbe suonare un po’ sentimentale e consolatorio, è l’oggetto della riflessione della prima parte dell’enciclica: qui il Pontefice corregge una visione antropologica parziale, spietatamente dominata da una «ragione calcolante», e offre uno sguardo integrale sull’uomo, capace di comprenderne tutte le dimensioni. Perché, per dirla con Pascal, ci sono “ragioni” che la ragione non conosce. Poi – ed è forse la parte più bella dell’enciclica – rilegge una secolare devozione, quella del Cuore di Gesù appunto, alla luce della Bibbia e del pensiero di alcuni tra i principali autori teologici e spirituali nei secoli: da sant’Agostino fino al teologo novecentesco Karl Rahner, passando per san Bonaventura, Guglielmo da Saint-Thierry, san Charles de Foucauld, santa Teresina, santa Faustina Kowalska.

Sono pagine che danno un fondamento teologico e spirituale profondo a una devozione che può sembrare sorpassata e che invece è attuale, perché tocca un’esperienza originaria e fondante della fede cristiana: quella di un amore divino – manifestatoci nella vicenda di Gesù di Nazaret – che ci precede, ci sostiene e ci spinge (cfr. 2 Corinzi 5,14). Si tratta di una caratteristica fondamentale della fede cristiana: un Dio amorevole e appassionato, con cui siamo invitati a entrare in relazione. E questo, dice a più riprese il Papa, non è intimismo, perché ci spinge verso gli altri, ci aiuta a tessere relazioni fraterne, a essere missionari non impassibili o rigidi ma pieni di amore.

Gli antichi greci e romani avevano affetto per le loro divinità, ma non conoscevano un «Dio affettuoso con il quale si può conversare intimamente» (Paul Veyne), che si rivolge a loro e che “trasforma” la vita dei suoi fedeli. Nel cielo contemporaneo non ci sono più divinità di sorta, mentre il nostro cuore è sempre “occupato” da qualcosa e rischia di diventare insensibile e arido. Il Cuore di Gesù ci ricorda che, per diventare pienamente umani, abbiamo bisogno di essere amati e di amare a nostra volta. Di nuovo: non è una faccenda sentimentale o, peggio, sentimentalista, ma spirituale, con risvolti etici e anche “politici”.

Si tratta di costruire un mondo diverso. Anche la passione sociale ed “ecologica” del cristianesimo, infatti, hanno la loro radice nell’«incontro con l’amore di Gesù Cristo». Perché l’amore, ricorda il Papa nell’ultima parte dell’enciclica, ha anche una dimensione comunitaria, sociale, fraterna, fatta di vicinanza, perdono, buone relazioni. Proprio quello di cui questo mondo ha disperatamente bisogno.

Questo articolo è una collaborazione con la rivista Credere

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