N. 2 14 aprile 2013
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«Francesco, ti aspettiamo in Africa!»

Padre Sesana, missionario in Kenya, parla del nuovo Pontefice ai suoi bambini di una baraccopoli a Nairobi. E condivide con i lettori di Credere le profonde riflessioni di quei ragazzi semplici, colpiti dal Papa che sta vicino ai poveri.

Com'è il Papa? L'hai visto?». I bambini di Ndugu Mdogo, una ventina, seduti sulla grande panchina in cemento che gira intorno alla veranda, sono curiosi. Sono nati da genitori che appartengono a diverse Chiese cristiane, non pochi sono musulmani, hanno ricevuto un'educazione religiosa minima. Eppure la notizia delle dimissioni di papa Benedetto e l'elezione di papa Francesco è arrivata anche a loro.

I ragazzi di Ndugu Mdogo: padre Renato Sesana (ha preso il nome di Kizito in onore di un martire africano) insieme ai ragazzi di Ndugu Mdogo, la casa di accoglienza per minori di strada nei sobborghi di NairobiI ragazzi di Ndugu Mdogo: padre Renato Sesana (ha preso il nome di Kizito in onore di un martire africano) insieme ai ragazzi di Ndugu Mdogo, la casa di accoglienza per minori di strada nei sobborghi di Nairobi (foto KOINONIA COMMUNITY/SHALOM HOUSE (3) - SEVERINO MARCATO/PSP (2))


Racconto di cosa papa Francesco ha parlato nei primi giorni del suo ministero, la bontà e il perdono di Dio, il camminare insieme, vescovo e popolo, pastori e pecore. Si divertono molto quando ricordo che il Papa ha detto che i pastori devono avere l'odore delle loro pecore: «Allora tu sbagli quando vieni in mezzo a noi e ti turi il naso per farci capire che non ci siamo lavati! ». Epucha, il ragazzino turkana (un gruppo etnico del Kenya dedito alla pastorizia, ndr) che è arrivato a Nairobi nascosto in un camion fra le gambe delle capre, si sente quasi giustificato e orgoglioso per la puzza che lo ha accompagnato per giorni e giorni. Lui sì che è un vero pastore! Continuo spiegando che il Papa sogna una Chiesa che ami e serva i poveri, che vada verso le periferie.



Il discorso si fa astratto e perdo la loro attenzione. Allora racconto che papa Francesco è andato in un carcere minorile e che ha parlato con i ragazzi, incoraggiandoli. Sono di nuovo attentissimi. Forse non tutti sono stati in carcere, ma certamente tutti sanno cosa vuol dire essere detenuti in un posto di polizia per qualche ora o qualche giorno, e che importanza abbia un gesto di affetto in quella situazione.



«Davvero, papa Francesco è un uomo semplice che si troverebbe bene qui con voi, vorrebbe capire i nostri problemi. Se venisse qui a Kibera, cosa gli fareste vedere, dove lo portereste?». Si guardano perplessi. Ngathia, 10 anni, è il primo a parlare: «Io lo porterei da mia nonna, che è molto buona e mi vuole bene. Mi insegna a comportarmi bene, poi piange quando i poliziotti mi riportano a casa perché ho rubato. Loro due si capirebbero».

«Io gli farei vedere dove sono vissuto, nella parte bassa di Kibera, dove c'è la discarica», dice invece Alamin, vispo ragazzino musulmano di 13 anni. «Un bambino non deve vivere così, ci vogliono più case a Ndugu Mdogo». Poi ognuno aggiunge qualcosa. «Mi piace molto sedermi su quel dosso da dove si vede tutta Kibera e la ferrovia che l'attraversa. Il Papa lo porterei proprio lì. Dentro Kibera, nelle stradine strette e puzzolenti, starebbe male, come quella ragazza italiana che piangeva dallo spavento». «Io gli farei conoscere mia mamma e i miei fratelli, la sera, quando rientrano tutti. Anche il mio patrigno. Lui si ubriaca sempre e poi ci picchia. Il Papa potrebbe consigliarlo». Le proposte si susseguono veloci, ormai papa Francesco è considerato di casa.



Poi Jack, l'educatore, distribuisce a ciascuno un bel mango maturo e, mentre tutti sono occupati, io mi domando cosa dirà papa Francesco all'Africa. Dalle sue biografie non pare sia mai venuto in questo continente. Però quello che sta dicendo è importante per noi. La semplicità di vita, l'autorità come servizio, la predilezione per i poveri, non sono cosi evidenti nelle istituzioni ecclesiastiche africane. Il suo esempio ci aiuterà a superare i vecchi formalismi. Inoltre, l'importanza che papa Francesco dà al suo ministero di vescovo di Roma, e di conseguenza al ministero di tutti i vescovi, può significare la richiesta di maggiore collegialità a tutti i livelli nel governo della Chiesa. Quindi una ripresa del discorso dell'inculturazione, cioè di rendere il cristianesimo più africano, sia assumendo valori della cultura tradizionale, sia nella celebrazione dei sacramenti, nei segni che usa. Che il cristianesimo acquisti un odore più africano, per usare la sua espressione.

Quando saluto, Alamin chiede: «Quand'è che il Papa verrà da noi?». Francesco, a Ndugu Mdogo ti hanno adottato!

Testo di Renato Kizito Sesana

 

Padre Renato Kizito Sesana

DA 35 ANNI IN AFRICA

Padre Renato Kizito Sesana, 69 anni, comboniano, è missionario in Africa da 35 anni. Giornalista (ha diretto Nigrizia), ha fondato l’associazione Amani e numerose realtà per i minori. A Nairobi (Kenya) opera nella grande baraccopoli di Kibera, dove ha creato Ndugu Mdogo, una casa di prima accoglienza per bambini di strada. 

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