Credere n.22 - 01/09/2013
La cattedra della fragilitÃ
Negli ultimi anni toccò a don Damiano Modena affiancare giorno e notte l’ex arcivescovo di Milano, minato dal Parkinson:…
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Carlo Maria Martini
La cattedra della fragilitÃ
Negli ultimi anni toccò a don Damiano Modena affiancare giorno e notte l’ex arcivescovo di Milano, minato dal Parkinson: un’esperienza che l’ha segnato per sempre...
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«Si meravigliava di non avere un tumore, come arriva a tanti». Così don Modena ricorda il cardinale. I due hanno condiviso le piccole stanze dell’Aloisianum, la casa dei Gesuiti a Gallarate. Ognuno l’affronta come può e come sa, la sofferenza, e la capacità di avere grande pazienza è un patrimonio unico e personale. «Sì, Martini ne parlava sul Corriere rispondendo ai lettori. Era impressionato dal pugno del Papa sul leggio dopo aver subito la tracheotomia». La fragilità della vecchiaia e della malattia vissuta nella fede è un tratto che ha accomunato il vecchio Papa polacco e l’arcivescovo di Milano. E l’impossibilità di parlare si rivelò una forte privazione per entrambi, due grandi comunicatori. Questo handicap non impediva a Martini di incontrare persone, incoraggiare, ascoltare. Quel desiderio di comunicare, vissuto per una vita, adesso era diventato causa di prova. «I piedi gonfi, edematosi. Il movimento del corpo affannato e lento» contribuivano al malessere. Sotto il sole d’estate, il caldo umido abbraccia la provincia salernitana. È lì che vive e opera oggi don Damiano Modena, prete della diocesi di Vallo della Lucania che, per tre anni, ha donato attenzione e cure a colui che chiamava “Padreâ€: il cardinale Carlo Maria Martini, che lo volle accanto a sé per accompagnarlo nell’ultimo tratto della sua esistenza. Don Damiano è stato l’assistente di Martini: badante, autista, ma anche clown.Â
don Damiano Modena, il suo “angelo custode†durante gli ultimi tre anni di vita
Piemontese dall’aria severa e ieratica il primo, veneto della provincia veronese, il secondo. Hanno fatto dal 2009, come amici, un tratto importante di strada. Don Modena aveva studiato a fondo Martini, tanto da farne l’oggetto della sua tesi di Dottorato di ricerca nella Facoltà Teologica di Napoli sotto la guida del teologo Bruno Forte. Da allora i due si sono conosciuti. Dalla tesi scaturì un libro nel 2005. L’arcivescovo spiegò nella prefazione che l’autore aveva diligenza, intelligenza teologica e spirituale e capacità di empatia. Nel 2009 gli chiese: «Te la senti di accompagnarmi sino alla morte?». «Se ritiene che sia la persona giusta, sì, Padre, anche oltre», rispose don Damiano. Martini, in quel periodo, era rientrato in Italia a causa del Parkinson, lasciando Gerusalemme, dove si era stabilito una volta concluso il suo ministero in diocesi di Milano.Â
Nei primi mesi di convivenza a Gallarate il cardinale Martini era ancora autosufficiente, poi sarebbe venuto il tempo del bisogno. Viene allestita una squadra per migliorare la quotidianità del vescovo: Marco e Marisa, due bravi infermieri che supporteranno il lavoro di don Damiano, si riveleranno una benedizione.
Nella Pasqua del 2010 Martini perde la voce. È uno dei momenti più bui. Don Modena traduce i fruscii di Martini, al punto che, ricorda Ferruccio De Bortoli nella prefazione aIl Silenzio della Parola, fa sussurrare al cardinale: «L’ha detto meglio di come l’avrei potuto dire io!». Una capacità di interpretazione acquisita grazie al fatto di poter vivere con lui ogni giorno per tre anni di seguito, in ogni ambito di impegno del cardinale: dalla corrispondenza con i lettori del Corriere alla compilazione degli ultimi libri, ai rapporti con giornalisti, amici, politici, uomini di Chiesa. Nei momenti duri, la terapia più efficace consiste nel partire per paesaggi montani e assaporare gustosi gelati.Â
Col tempo, il corpo si fa pesante. Don Damiano, alto quasi come Martini, lo supporta. La musica diventa un rimedio prezioso, specie Mozart, il preferito del cardinale. Martini è incuriosito dagli escamotage inventati per ingannare la sua sofferenza. Don Modena talvolta imita Martini, scherza, lo rassicura.
Nell’aprile 2011 la visita a papa Benedetto: due anziani che si incoraggiano a vicenda. L’arcivescovo non può parlare, scrive appunti importanti (vedi box). Anche in quel caso don Modena aiuta la comunicazione. La sofferenza di Martini non risparmia don Damiano: qualche notte insonne, diventa più brizzolato di quello che era. Quando tutto sarà finito, alla richiesta di riportare le memorie in un libro, risponde: «Scrivere è riordinare la stanza dopo una festa. Solo Dio sa ricucire gli avanzi di un piatto con l’eterna storia di chi vi ha mangiato». Ora Il silenzio della Parola è pronto: racconta sensazioni, episodi e riflessioni in un commovente diario spirituale.Â
Don Damiano, nel frattempo, è tornato nel Cilento, tra campagne e piccoli paesi quasi disabitati. Macina chilometri per parlare di Martini, in Italia e all’estero. Ha ricevuto tra le mani il “testamento spirituale†che ascoltò, insieme con padre Georg Sporchill, sulla Chiesa e il suo rinnovamento. Sente che il messaggio essenziale di Martini è la misericordia. «Il Cardinale non aveva una visione pessimista della società e neppure della Chiesa. Il buono che sta emergendo c’era già . Anche papa Francesco, come i suoi predecessori, raccoglie ciò che altri hanno seminato e semina a sua volta per quelli che verranno dopo di lui».Â
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Testo di Nicola Nicoletti
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