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Piccola guida per il pellegrino
Roma, ovvero una città pittoresca. Un’esperienza che però non può mancare a chi si mette in cammino: imparare a fidarsi
Ite missa est di Emanuele Fant
Piccola guida per il pellegrino
Roma, ovvero una città pittoresca. Un’esperienza che però non può mancare a chi si mette in cammino: imparare a fidarsi
Roma mette subito in chiaro che lei è grande, e tu di meno. Con le colonne dei templi crollati che ci fanno sospettare dimensioni colossali, con le statue possenti nelle volte di San Pietro, con il girovita dei gabbiani ingrassati di panini di turisti.
Roma è bagnata pure se non piove, ha la passione delle fontane. La sua collezione conta duemila rubinetti in ghisa tutti uguali che, senza essere famosi, salvano i turisti dalla disidratazione; poi pezzi noti come quella di Trevi, paradiso delle monetine amanti delle immersioni; per non dire del solenne acquedotto romano. (Mio figlio mi ha chiesto se quella che osservavamo scorrere era «acqua originale degli antichi romani», io ho attaccato con Eraclito e la questione del fiume, poi ho preferito dire solo «sì»).
Roma demolisce i passeggini con i sanpietrini, avviso per i genitori: portare ruote di scorta. Se è vero che tutte le strade conducono alla Capitale (adesso anche prima, con la variante di valico), diventano un problema quando varcano il confine del Comune. A parte le leggendarie buche in grado di inghiottire motorini, ho sperimentato l’originale chiusura di tutto il lungotevere reso scivoloso dal guano di uno stormo di uccellini (ho provato a spiegare al vigile urbano che avevo le gomme da neve, ma non ha voluto sentire ragioni).
Roma è un’occasione senza orari, quindi tutti avvertono il continuo dovere di fotografare. Un selfie con le guance vermiglie del ristoratore, una ripresa nella stessa posizione della statua, un ritratto di famiglia abbracciati ai militari in Campidoglio. Un venditore di strada mi ha spiegato che nello zaino del perfetto pellegrino non può mancare uno speciale bastone per potersi immortalare da solo con il cellulare. A me non sembra adatto all’uomo in cammino, che come primo passo deve imparare a fidarsi: dell’ospitalità, delle indicazioni, dell’inquadratura incerta del passante a cui ha chiesto il favore di scattare.