Credere n.3 - 21 aprile 2013
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A Scampia il buon pastore si chiama Ciro
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Missionario di periferia
A Scampia il buon pastore si chiama Ciro
Sposato, tre figli, è diacono in una delle zone più degradate di Napoli: «A vent’anni mi sentivo sazio di tutto, cercavo risposte nelle cose più futili, poi ho incontrato don Vittorio»
Foto di Roberto Salomone.
«Ero affacciato al balcone di casa quando lo vidi passare sul marciapiede di fronte. Non lo conoscevo perché a quel tempo non frequentavo la chiesa, eppure ebbi la sensazione netta che non fosse un sacerdote come tutti gli altri». Quando quarant’anni fa Ciro Manzo incontra don Vittorio Siciliani, il giovane parroco di Scampia cattura completamente il suo cuore. «Non aveva nulla di straordinario nell’abito o nei modi, non era circondato da gente importante. Capii però che era speciale, che poteva dare risposta alle mie domande e sollievo alla tensione interiore e all’amarezza che sentivo dentro di me, nonostante avessi successo e soldi». Siamo a Napoli, in una delle periferie più degradate della città . Ciro, che oggi ha 59 anni, moglie e tre figli, era - come lui stesso si definisce - un ventenne «sazio di tutto», che «cercava risposte nelle cose più futili». Eppure, rimane folgorato. Segue don Vittorio fino alla parrocchia della Resurrezione: «Lì mi sono sentito accolto, sorretto, indirizzato, e da quel giorno non ho mai smesso di alimentare la vocazione, quel fuoco che covavo in silenzio nel cuore e che d’improvviso mi ha preso dentro».
Foto di Roberto Salomone.
Grazie all’appoggio di don Siciliani, che ancora oggi chiama «padre», comincia il cammino che lo porterà a diventare diacono e missionario: non in terre lontane ma sotto casa, nel suo quartiere. Perché a Scampia, fra povertà e malavita, per gli uomini di buona volontà c’è sempre tanto da fare. Così, mentre porta avanti il lavoro di tecnico di radiologia al Policlinico di Napoli, su invito di don Siciliani inizia il servizio pastorale con i detenuti del vicino carcere di Secondigliano, «un mondo dolente e debole». Dopo dieci anni di matrimonio comincia la formazione all’Istituto diocesano per i ministeri: è il 1991 quando diventa diacono permanente.
Nel frattempo con la moglie Gabriella, catechista, cura la preparazione delle coppie al matrimonio. Passano gli anni e le richieste di servizio si fanno sempre più incalzanti. «Nell’80 padre Vittorio mi affidò i tre edifici del Lotto T per la catechesi alle 316 famiglie », racconta Ciro, che ricorda la fatica anche fisica di quei giorni. In Quaresima la Via Crucis si snodava in salita lungo i 13 piani di ogni palazzo, su ogni pianerottolo una stazione. «Ho accettato tutto con fede e per fede, condividendo ogni scelta con la mia famiglia e con la comunità parrocchiale – afferma -. Non mi sono mai mancati forza e sostegno perché mi affido al Signore».
Foto di Roberto Salomone.
Nel 1988, una nuova grande avventura. In via Ghisleri, nella parte nuova del quartiere, spesso balzata alla cronaca per casi di droga, armi e prostituzione, c’è un edificio comunale destinato a uso sociale e mai utilizzato. Si pensa a un centro di aggregazione, avamposto della parrocchia, e don Vittorio ancora una volta chiede una mano a Ciro. Con la collaborazione della gente del quartiere, uno spazio abbandonato si trasforma in un luogo di speranza. Oggi Ciro coordina le iniziative autogestite di giovani, donne, uomini del quartiere. «L’Oasi Buon Pastore è ai confini della parrocchia: non arriva il suono della campana della chiesa, ma la provvidenza non ci abbandona», commenta oggi Ciro.
Non solo catechesi - All'Oasi del Buon Pastore si fa catechismo ma anche giochi e doposcuola. Il centro è gemellato con la parrocchia di Sant'Antonio a Posillipo. Foto di Roberto Salomone.
Patrizia, Filomena, Maria, Giovanni, Cristoforo, pensionati e casalinghe, studenti e disoccupati, lasciano per qualche ora le loro case per andare a servire al centro. Nelle semplici stanze si fa catechismo, consulenza legale gratuita, doposcuola, giochi animati anche grazie ai volontari della parrocchia gemellata di Sant’Antonio a Posillipo, in centro a Napoli, gruppi di preghiera e, ancora, la mensa per i poveri, i corsi di ginnastica e i laboratori di falegnameria. «Prima di avviare qualsiasi opera si prega, se ne parla con il parroco e con il consiglio parrocchiale», spiega il diacono. La fede dà coraggio: «Durante la faida di camorra del 2004-2005 solo noi volontari non avevamo paura di camminare per le strade. Non siamo eroi, ma abbiamo la forza della fede».
Una famiglia unita - La moglie Gabriella e i figli Carla, Vittorio e Antonio (quest'ultimo nella foto a destra, assieme ai genitori) hanno sempre sostenuto la scelta di Ciro. Foto di Roberto Salomone.
Grazie a Ciro chi varca la porta dell’Oasi è travolto dall’allegria e dal calore. Pur nella povertà , al centro non manca mai nulla. «Ognuno dona qualcosa - dice Ciro - ed è tanto». Ci sono sempre il piatto caldo, i vestiti, le medicine per gli immigrati, la merenda per i bambini, i medicinali da mandare in Africa e le torte per la festa con gli anziani. Ciro si dà anima e corpo per il servizio e tutti i giorni, non appena finisce il lavoro in ospedale, raggiunge il centro. Per le famiglie di scampia, l’oasi è un punto di riferimento forte e sicuro.
E, se la fatica è tanta, le soddisfazioni per Ciro sono ancora più grandi. «Quando aiuti una persona, una famiglia a uscire da situazioni drammatiche, smuovi qualcosa e semini», conferma. Le attività , i giochi e la scuola calcio, sono un successo. Tra pallone e regole, all’Oasi sono cresciute generazioni di bambini che diventati grandi non hanno deluso. E chi ha deviato, in carcere ha confessato a Ciro di rimpiangere l’occasione che aveva avuto per non sbagliare. All’Oasi non si respinge nessuno, anche se è impossibile recuperare tutti, ma è una vittoria mostrare che un’altra vita è possibile. «Le persone che sono passate dal centro le ricordo tutte, una a una», sospira il diacono. Molti ricambiano «con un affetto profondo e incredibile ». A Scampia, il missionario della porta accanto ha fatto dell’Oasi un avamposto del bene, dove potersi fondere con la gente e promettere: «Vieni e cresci».
Spazi autogestiti - L'Oasi, affidata a Ciro nel 1993, è autogestita da mamme e volontari. Foto di Roberto Salomone.
Testo di Valeria Chianese
Foto di Roberto Salomone