Credere n.4 - 28 aprile 2013
La Madonna che scioglie tutti i nodi
Una giornalista che conosce bene papa Francesco racconta ai lettori di Credere le devozioni che gli sono care. E parla del…
Cresima, quel dono che fa diventare grandi
La Cresima è il sacramento che segna l’inizio della vita cristiana adulta, ma a volte rischia di trasformarsi nell’addio…
Il pulce ha fatto il salto
I giornali lo chiamavano “il baby Vallanzascaâ€. A 15 anni ha alle spalle un lungo elenco di reati. Rinchiuso nel carcere…
Nonno, mi spieghi...
GESÙ CI CHIAMA AMICI: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato…
Il superamento della legge
«Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro» (Atti degli apostoli 15,11)
"Perché non posso rifarmi una vita davanti a Dio?"
Lo chiede una donna tradita e lasciata, senza responsabilità nel fallimento del matrimonio...
Costanza Miriano: La gratuità che fa breccia nei cuori
Una mamma, si sa, non può permettersi di morire prematuramente, con i bambini ancora piccoli. È categoricamente escluso.
La storia
Il pulce ha fatto il salto
I giornali lo chiamavano “il baby Vallanzascaâ€. A 15 anni ha alle spalle un lungo elenco di reati. Rinchiuso nel carcere minorile Beccaria chiede ai cappellani di essere battezzato. L’inizio di un (difficile) cammino di crescita.
Vita dietro le sbarre - Alcune immagini della vita quotidiana nel carcere minorile Beccaria di Milano (Foto Stefano Pavesi).
«Il piccolo Vallanzasca», «Pulce, il baby criminale», «Il capopopolo della rivolta al carcere Beccaria». Ha solo quindici anni, un fisico minuto (da cui il soprannome “Pulceâ€), ma alle spalle una fama e una lista di titoli sui giornali da fare invidia al più consumato bandito della “malaâ€. Ha goduto della sua settimana di notorietà quando fu arrestato a Milano nel settembre del 2012. Era noto da tempo alle Forze dell’ordine, ma fino al compimento dei quattordici anni non era possibile arrestarlo. A undici era stato protagonista di un inseguimento da parte della Polizia: lui scappava alla guida di un’auto, neanche arrivava al parabrezza. Poco dopo aveva lanciato una bomba carta contro un Centro anziani ed era stato protagonista di risse, furtarelli, rapine...
Non si era arreso nemmeno quando, raggiunta l’età dell’imputabilità , i poliziotti per arrestarlo erano arrivati nella casa della periferia dove si nascondeva. Anche allora aveva provato a scappare, saltando sul balcone del piano di sotto. Ma lo avevano beccato lo stesso. Rinchiuso nel carcere minorile Beccaria di Milano, da poche ore dietro le sbarre, era riuscito a sobillare una rivolta con altri reclusi: materassi incendiati, fiamme ai cestini della spazzatura.
Pochi giorni dopo, terminato l’incontro in sala e i colloqui con i familiari (alle spalle anche per essi problemi con la giustizia), aveva aggredito una guardia: «Io non resto in cella, me ne torno a casa». Un caso senza speranza. Figlio della situazione sociale che si respira a Quarto Oggiaro, difficile periferia milanese. «Pericolo concreto per la collettività », come scriveva il giudice che ha ordinato l’arresto.
E invece per “il Pulce†una speranza si è dischiusa. Anche se i giornali di cronaca non gli hanno più dedicato i loro titoli. Nel carcere minorile la sua corazza da “duro†ha ceduto. Forse per la prima volta nella sua vita ha trovato degli adulti di cui fidarsi. E ha scoperto anche la fede: lo scorso febbraio ha chiesto e ricevuto il Battesimo e la Cresima. Quel ragazzino non è più “il Pulceâ€, ha un nome vero e un’identità rinnovata: si chiama Roberto (nome di fantasia per rispetto della privacy). Per lui il Battesimo rappresenta, anche concretamente, l’inizio di una nuova vita.
Appena arrivato al Beccaria, Roberto ha avuto la fortuna di incontrare don Gino rigoldi e don Claudio Burgio, i due cappellani. «Secondo i codici della malavita il prete della prigione non è uno “sbirroâ€, è uno dalla parte dei carcerati. E poi noi siamo abituati ad accogliere, non a giudicare» spiega don Rigoldi, che al Beccaria ci lavora da quarant’anni. «Pulce mi conosceva già : anche suo fratello era passato da qui e io frequento abitualmente Quarto Oggiaro. Con me quindi è stato subito disponibile e aperto. Persino affettuoso. Alle spalle ha una storia difficile: fin da bambino è stato seguito da insegnanti e servizi sociali, ma nessun intervento ha mai avuto grande successo. Ha sviluppato un istinto di prepotenza, la voglia di mostrare a tutti la forza, sostenuto in questo anche dagli adulti della famiglia. In realtà penso si sentisse insicuro».
Foto Stefano Pavesi.
Presso il carcere operano anche due seminaristi, Nicola Toma e Giuseppe Cadonà , che ai ragazzi hanno proposto un cammino semplice di riscoperta della fede. «Per la prima volta – spiega Giuseppe – quest’anno uno di loro ci ha chiesto di ricevere la Cresima. Così abbiamo iniziato un vero e proprio percorso di catechismo, al quale via via si sono aggiunti anche altri. In otto hanno celebrato il sacramento. Tra loro anche Pulce, che non era neanche battezzato e quindi ha fatto tutto il percorso dell’iniziazione cristiana. Per la celebrazione è venuto il rettore del seminario ed è stata una bella festa». Uno dei due giovani che si preparano a diventare prete ha fatto da padrino. «Per Roberto – spiega don Rigoldi – ha voluto dire far parte di un gruppo, avere anche per sé l’attenzione dei seminaristi. Entrare in una relazione. Forse però ci ha anche capito qualcosa…».
«Ora è tornato in possesso del proprio nome: è un passaggio di crescita», riflette don Burgio. «Questi ragazzi sono orfani di identità e si attribuiscono l’immagine negativa che viene loro affibbiata. Nel caso di Roberto, è stato lui per primo a dire di non riconoscersi nell’immagine di “baby Vallanzasca†che gli hanno dato i giornali».
Ma il lieto fine non è assicurato: non stiamo raccontando una favola. Poche settimane prima di Pasqua, Roberto è stato trasferito in un altro carcere minorile. Sulla scelta hanno pesato anche rinnovati comportamenti di sfida nei confronti dei sorveglianti.
«È ancora un adolescente che deve maturare. È bastato l’arrivo in carcere di un altro ragazzo del suo quartiere per fargli tornare il piglio da prepotente», chiarisce il seminarista Nicola. Il suo cammino è ancora lungo, ma almeno è iniziato. E nell’ufficio di don Burgio resta un suo ricordo: una tavoletta di legno traforata e colorata, realizzata durante le ore di laboratorio. Con piccola grafia in corsivo, in un angolo, c’è scritto: «Don Claudio ti voglio bene. Con affetto. Pulce».
Il grazie del Pulce - La tavoletta di legno realizzata nei laboratori del carcere che “Pulce†ha dedicato a don Claudio (Foto Stefano Pavesi).
Â
All’uscita dal carcere l’emergenza lavoro
Il carcere minorile Beccaria di Milano può ospitare fino a 60 reclusi (attualmente sono 53) nella sezione maschile (quella femminile è chiusa da alcuni anni). Tre su dieci sono italiani, gli altri stranieri.
Nella struttura i ragazzi possono frequentare la scuola (elementari e medie) o corsi di formazione professionale. «Una volta usciti, i due grandi problemi sono la casa e il lavoro, soprattutto quest’ultimo», spiega il cappellano don Claudio Burgio. «I detenuti vengono avviati a borse di formazione lavoro che però quasi mai, soprattutto in tempi di crisi come quelli attuali, si trasformano in assunzioni. Per un giovane che dimostra di saper fare bene un mestiere, il rifiuto del mondo del lavoro è spesso una nuova grande delusione, che non aiuta certo nel reinserimento».
Alcune opportunità le ha “inventate†lo stesso don Claudio con la sua associazione Kayròs, che gestisce comunità d’accoglienza per minori: per esempio il servizio catering “Dolci evasioni†e la Cooperativa Krònos, che svolge lavori di pulizia nei cimiteri di Milano.
Â
UNA VITA PER GLI ULTIMI
Don Gino Rigoldi
Don Gino Rigoldi (Foto Stefano Pavesi).
73 anni, è cappellano del carcere minorile Beccaria dal 1973. Ha fondato Comunità nuova onlus, che opera nel campo del disagio giovanile e nelle periferie. Attivo a Milano anche in ambito culturale e civile, è stato insignito dell’Ambrogino d’oro.
Â
IL PRETE DEI RAGAZZI
Don Claudio Burgio
Don Claudio Burgio (Foto Stefano Pavesi).
43 anni, è cappellano al Beccaria da 8 anni. Ha fondato Kayròs onlus: il suo motto è: «Non esistono ragazzi cattivi». È anche maestro della cappella musicale del duomo di Milano e autore di brani religiosi: suo l’inno del VII Incontro mondiale delle famiglie.
Â
SEMINARISTI
Esperienza forte per imparare a “fare†il prete
Nicola Toma (Foto Stefano Pavesi).
Giuseppe Cadonà (Foto Stefano Pavesi).
Nicola Toma, 28 anni, di Busto Arsizio e Giuseppe Cadonà , 25 anni, di Malnate, studiano nel seminario diocesano di Milano. Quest’anno svolgono servizio in carcere come tirocinio pastorale prima di essere ordinati preti.
Foto Stefano Pavesi.
Papa Francesco nel carcere minorile per portare la carezza di Gesù
«Grazie Padre che sei venuto oggi. Ma io voglio sapere una cosa: perché sei venuto oggi qua a Casal del Marmo? Basta, solo quello». Con queste parole, un po’ intimidite e tremolanti, un ragazzo si è rivolto a papa Francesco durante la sua visita nel carcere minorile di Casal del Marmo a Roma per celebrare la “lavanda dei piedi†del Giovedì santo.
Già , perché il Papa ha scelto proprio quei ragazzi per la Messa “della cena del Signore†che di solito i Pontefici celebravano in San Pietro? È stato lo stesso Francesco a spiegarlo: «È un sentimento che mi è venuto dal cuore», ha confidato ai giovani detenuti. «Ho domandato: “Dove sono quelli a cui piacerebbe una visita?â€. E mi hanno detto: “Casal del Marmo, forseâ€. E quando me l’hanno detto, sono venuto qui».
Papa Francesco ha lavato i piedi a dodici reclusi minorenni (di età compresa tra i 14 e i 17 anni), tra loro anche due ragazze e due giovani di fede islamica. Ha spiegato così il gesto: «Questo segno è una carezza di Gesù, che fa Gesù, perché Gesù è venuto proprio per questo: per servire, per aiutarci». E ha concluso: «Non è che dobbiamo lavarci i piedi tutti i giorni l’uno all’altro. Ma dobbiamo aiutarci. Questo il Signore ci insegna».
Testo di Paolo Rappellino
Foto di Stefano Pavesi