N. 4 28 aprile 2013
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In dialogo con don Antonio

"Perché non posso rifarmi una vita davanti a Dio?"

Lo chiede una donna tradita e lasciata, senza responsabilità nel fallimento del matrimonio...

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In dialogo con don Antonio

"Perché non posso rifarmi una vita davanti a Dio?"

È la domanda di una donna, tradita e lasciata dal marito, senza responsabilità nel fallimento del matrimonio

 

Don Antonio Rizzolo Caro don Antonio, un prete che conosco ha lasciato qualche anno fa il ministero e di recente si è sposato in chiesa. Nulla da dire, penso che se questa è la sua vocazione potrà essere uno sposo fedele e – gli auguro – un buon padre. Un prete frustrato e magari dalla doppia vita non avrebbe portato frutti alla comunità cristiana. Non capisco però perché i divorziati non possono unirsi in matrimonio davanti a Dio. In particolare, una cara amica era stata tradita e lasciata dal marito. Non ha nessuna responsabilità nel fallimento del matrimonio. Non ha diritto a rifarsi una vita, anche davanti alla Chiesa?

Luisa, Milano

I due casi non si possono accostare, cara Luisa. Infatti di per sé, dal punto di vista teologico, è possibile che un prete si sposi (ciò avviene per esempio per quelli di rito greco-cattolico). Mentre l’indissolubilità del matrimonio appartiene alla natura del sacramento stesso, secondo le parole di Gesù: «L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Matteo 19,6). Capisco però che dal punto di vista umano l’impossibilità per la tua amica di “rifarsi una vita”, anche davanti alla Chiesa, sia un grande peso. Che cosa si può fare? Ecco alcune riflessioni. La tua amica può verificare se ci sono indizi non superficiali di nullità del matrimonio, chiedendo a persone competenti e sensibili pastoralmente (canonisti, sacerdoti e laici).

A questo fa cenno anche il Direttorio di pastorale familiare dei vescovi italiani. Che invita le Chiese locali a formare un congruo numero di consulenti sul territorio e a predisporre un servizio qualificato di ascolto e di consulenza nelle curie diocesane e presso i tribunali ecclesiastici regionali.

Va poi considerata la situazione, spiega ancora il Direttorio, di chi «ha subìto il divorzio, l’ha accettato o vi ha fatto ricorso come costretto da gravi motivi, ma non si lascia coinvolgere in una nuova unione e si impegna nell’adempimento dei propri doveri familiari e delle proprie responsabilità di cristiano». In questo caso non ci sono ostacoli per l’ammissione ai sacramenti. Se invece ci sono nuove nozze non è possibile accedervi. Tuttavia, come scrive Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio, i divorziati risposati «non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita». La vita cristiana non si riduce ai sacramenti. Queste persone non sono più peccatrici delle altre. Possono ascoltare la parola di Dio, frequentare il sacrificio della Messa, perseverare nella preghiera, fare opere di carità, educare i figli nella fede cristiana, coltivare lo spirito e le opere di penitenza. «La Chiesa», sottolinea papa Wojtyla, «preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza». La Chiesa è formata da noi credenti, dalle nostre comunità cristiane.

 

Come bisogna prepararsi alla Comunione?

Quando si va alla santa Messa, come fare la preparazione alla Comunione e, nei 2-3 minuti che seguono con il Corpo e Sangue di Cristo in noi, che cosa meditare interiormente... che cosa pensare?

Stefano

È la stessa celebrazione eucaristica che ci dispone alla Comunione. In particolare a partire dal Padre nostro. «Nella Preghiera del Signore», infatti, si legge nell’Ordinamento generale del Messale, «si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi doni vengano dati ai santi». Con il successivo rito della pace «i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento». Non ci può essere comunione con il Corpo di Cristo nel sacramento che non includa anche il Corpo di Cristo che è la Chiesa, i nostri fratelli e sorelle in Cristo. C’è poi un momento di preghiera silenziosa da parte del sacerdote e dei fedeli per prepararsi a ricevere con frutto il Corpo e Sangue di Cristo (e ci vorrebbe veramente: quanta fretta a volte, da parte dello stesso celebrante!).

Dopo aver ricevuto la Comunione che cosa fare? Ci sono alcuni momenti di preghiera silenziosa e di ringraziamento, che possono anche essere prolungati dopo la Messa. E questa è l’occasione per un dialogo intimo e personale con il Signore, presentando a lui le nostre necessità e il nostro desiderio di vivere sempre uniti a lui. Ecco che cosa scriveva san Francesco di Sales: «Appena Gesù è in te scuoti il cuore perché venga a rendere omaggio al re della salvezza; esamina con lui la tua situazione interiore, pensa chi hai in te e che c’è venuto per la tua felicità; accoglilo meglio che puoi e comportati in modo tale che si veda, da tutte le tue azioni, che Dio è con te» (dal libro Filotea).

 

Risorgeremo con il nostro corpo?

Quando si parla di risurrezione vuol dire che ci si incarna in un corpo qualsiasi o sempre e comunque nel nostro?

Gabriele Elia, Policoro (Mt)

Nel Credo affermiamo la «risurrezione della carne». Come spiega il Catechismo della Chiesa cattolica, questo «significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (Romani 8,11) riprenderanno vita». In altre parole, «Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù». Quindi si tratterà del nostro corpo, che però sarà glorificato, trasformato. Pensiamo a Gesù, che è risorto con il proprio corpo (come dimostrano il segno dei chiodi e la ferita al costato), ma non è ritornato a una vita terrena.

Come scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi, il nostro corpo mortale sarà trasfigurato in corpo glorioso, in un «corpo spirituale» (15,44). L’apostolo spiega tutto con un’immagine: «Qualcuno dirà: “Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?”. Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco. [...] È seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità. [...] È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità» (1Corinzi 15,35-37.42.53). L’importante è vivere fin d’ora da risorti, uniti a Cristo, grazie anche alla Comunione eucaristica, imitando lui nell’amore verso tutti, nella misericordia, nel perdono.

Risponde Don Antonio Rizzolo

Illustrazioni di Ece Özdil

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