Credere n.5 - 5 maggio 2013
Pregando con il parroco del mondo
Ogni giorno il Pontefice celebra la Messa a Santa Marta con operai, impiegati del Vaticano e alcuni amici. Nelle omelie una…
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Preghiera e rivoluzione
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Papa Francesco
Pregando con il parroco del mondo
Sono appena le sette del mattino, una cinquantina di persone in una cappella come tante, Messa feriale. Ci sono operai, qualche suora, degli studenti, qualche sacerdote, impiegati che poi vanno in ufficio. Uno dei sacerdoti che concelebra si mette d'accordo per chi deve leggere. Poi una breve omelia. Cose semplici, pratiche, quotidiane. «Ci sono tante tentazioni del maligno, che non vuole che lo Spirito venga da noi e costruisca la pace, la mitezza nelle comunità cristiane: andiamo in parrocchia e le signore della catechesi lottano contro quelle della Caritas», vien detto nell'omelia. La scena non si svolge in una chiesetta sperduta, ma nella "Domus Sanctae Marthae" in Vaticano, e a presiedere la celebrazione è il Papa. Perché il Pontefice che viene «dalla fine del mondo» non è altro che il parroco del mondo. E ci tiene moltissimo a esserlo. Per questo ogni mattina nella Casa dove Francesco ha scelto di abitare per ora, la Messa è un momento di preghiera per tutti: i dipendenti del Vaticano, della Santa Sede e gli amici che il Papa vuole salutare (in queste pagine potete leggere le testimonianze di alcuni di loro). Una Messa parrocchiale, intima. Alla fine il celebrante si siede tra i fedeli, per meditare. Poi saluta tutti uno a uno. Inizia così la sua giornata papa Francesco, incontrando la gente e offrendo un magistero quotidiano in pillole con il suo accento latinoamericano e gli insegnamenti spiccioli per vivere la santità giorno dopo giorno.
papa Francesco celebra la Messa delle sette del mattino, come un buon parroco, nella cappella della Casa Santa Marta. Partecipa a turno il personale della Santa Sede. All'uscita saluta i fedeli uno ad uno.
Parla dei peccati di tutti i giorni. Della calunnia ad esempio, un peccato, ma anche qualcosa di più, «perché vuole distruggere l'opera di Dio e nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall'odio. E chi fa l'odio è Satana». E poi l'umiltà , quella che ogni cristiano deve imparare a vivere: «Essere umili non significa andare per la strada così, con gli occhi bassi: no, no. L'umiltà è quella di Dio che ci insegna, quella di Maria, quella di Giuseppe... quella di Gesù, che finisce sulla croce. E questa è la regola d'oro per un cristiano: progredire, avanzare e abbassarsi». Abbassarsi per non peccare di trionfalismo, non cedere alla tentazione di «credere che in un momento sia stato fatto tutto! No, in un momento incomincia: c'è una grazia grande, ma dobbiamo andare nel cammino della vita». Ecco, piange possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. È una bella grazia. Piangere è frutto di tutto: del bene, dei nostri peccati, delle grazie, della gioia pure; piangere di gioia! Quella gioia che noi abbiamo chiesto di avere in cielo e che adesso pregustiamo. Piangere. Il pianto ci prepara a vedere Gesù». E c'è un'altra tentazione antica e attualissima da cui ci mette in guardia il Papa: quella dei maghi. A volte «quando ci sono dei problemi gli uomini si affidano non a Gesù, ma ad altre realtà », e magari «vanno a consultare i tarocchi». Ma non è ricorrendo a maghi o tarocchi che si trova la salvezza: essa è «nel nome di Gesù. E dobbiamo dare testimonianza di questo! Lui è l'unico Salvatore». E ci salva con la dolcezza del perdono: «Che bello essere santi, ma anche quanto è bello essere perdonati!». Dal perdono alla testimonianza: quella dei martiri di ieri e di oggi. Una testimonianza grazie alla forza della fede: «E come va, la nostra un cammino fatto di costanza, di perseveranza: «perseverare nel cammino del signore, fino alla fine, tutti i giorni. Non dico incominciare di nuovo tutti i giorni: no, proseguire il cammino. Proseguire sempre. Un cammino con difficoltà , con il lavoro, anche con tante gioie. Ma il cammino del Signore». Il Signore Gesù, un nome da avere sempre sulle labbra come una preghiera, come quell'uomo di cui il Papa racconta, che gli spiega: «Io dico sempre "Gesù", perché così mi sento forte, mi sento di poter lavorare perché io so che lui è al mio fianco, che lui mi custodisce».
Fede vera e vissuta anche attraverso lacrime come quelle della Maddalena. Tutti noi, dice Francesco, «abbiamo attraversato nella nostra vita dei momenti di gioia, dei dolori, delle tristezze, tutti siamo passati per queste cose. Ma, e lascio cadere una domanda, abbiamo pianto? Nei momenti più scuri, abbiamo pianto? Abbiamo avuto quel dono delle lacrime che preparano gli occhi a vedere il Signore? Vedendo questa donna che piange possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. È una bella grazia. Piangere è frutto di tutto: del bene, dei nostri peccati, delle grazie, della gioia pure; piangere di gioia! Quella gioia che noi abbiamo chiesto di avere in cielo e che adesso pregustiamo. Piangere. Il pianto ci prepara a vedere Gesù». E c'è un'altra tentazione antica e attualissima da cui ci mette in guardia il Papa: quella dei maghi. A volte «quando ci sono dei problemi gli uomini si affidano non a Gesù, ma ad altre realtà », e magari «vanno a consultare i tarocchi». Ma non è ricorrendo a maghi o tarocchi che si trova la salvezza: essa è «nel nome di Gesù. E dobbiamo dare testimonianza di questo! Lui è l'unico Salvatore». E ci salva con la dolcezza del perdono: «Che bello essere santi, ma anche quanto è bello essere perdonati!».
Anche la sala stampa alla Messa con Francesco
Carlo Gianferro - Giampiero Sposito/Reuters - Spencer Platt/Getty images - Osservatore Romano
Dal perdono alla testimonianza: quella dei martiri di ieri e di oggi. Una testimonianza grazie alla forza della fede: «E come va, la nostra fede? È forte? O alle volte è un po' all'acqua di rose, una fede così così? Quando avvengono difficoltà , siamo coraggiosi come Pietro o un po' tiepidi?». Papa Francesco ci insegna che «la fede non si negozia. sempre c'è stata, nella storia del popolo di dio, questa tentazione: tagliare un pezzo alla fede». E allora bisogna superare «la tentazione di essere un po' "come fanno tutti", non essere tanto tanto rigidi» perché «quando incominciamo a tagliare la fede, a negoziare la fede, a venderla al migliore offerente, incominciamo la strada dell'apostasia, della non fedeltà al Signore». Non sono mancate parole contro chi nella Chiesa cerca la propria gloria personale: «Fanno finta di entrare, ma sono ladri e briganti, rubano la gloria a Gesù», ha messo in guardia. E, nel commento del Papa a un brano degli Atti degli apostoli, ecco ancora una piccola perla quotidiana per la preghiera: «Signore, grazie tante per la fede. Custodisci la mia fede, falla crescere. Che la mia fede sia forte, coraggiosa. E aiutami nei momenti in cui, come Pietro e Giovanni, devo renderla pubblica. Dammi il coraggio». Un'invocazione semplice, ma dirompente, se la recitiamo all'inizio di ogni nuovo giorno, come ci insegna il Papa parroco del mondo.
Testo di Angela Ambrogetti