N. 7 28 aprile 2013
Frate Alessandro

CANTARE PER IL PAPA? RESTEREI SENZA FIATO

Il suo disco ha venduto centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo, ma frate Alessandro non si è ancora abituato a…

A un anno dal sisma

SCOSSI MA NON VINTI

A Sant’Agostino, nel Ferrarese, la comunità cristiana prova a ripartire celebrando le Comunioni e le Cresime come prima.Con…

Baranzate (Milano)

IL MIRACOLO DELL’UNITA’ POSSIBILE

Più di un abitante su quattro è straniero. Eppure, grazie alla mobilitazione della comunità cristiana, per tanti immigrati…

Ruanda

Kibeho, Lourdes d'Africa

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La lettera e lo spirito

Benedetto tweet?

A Pentecoste la Chiesa riflette anche di comunicazione; guardando allo Spirito, non alle logiche del mondo!

19 maggio 2013

Gli appuntamenti

Arte, teatro, eventi, pellegrinaggi e... suggerimenti per rinnovare lo spirito per la settimana dal 16/05/2013 al 23/05/2013.

Cristiani nel mirino

IL VESCOVO CHE PAGA PER IL SUO CORAGGIO

Monsignor Taddeo Ma Daqin è agli arresti domiciliari dal luglio scorso per aver rifiutato di sottostare ai diktat del governo.…

Monsignor Fisichella

Dio tiene la porta sempre aperta

L’Anno della fede «occasione per coloro che hanno nostalgia del Signore e vogliono incontrarlo di nuovo»

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Monsignor Fisichella

Dio tiene la porta sempre aperta

L’Anno della fede «occasione per coloro che hanno nostalgia del Signore e vogliono incontrarlo di nuovo».

 

Monsignor Fisichella

Parla il presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: l’Anno della fede chiede ai cristiani di verificare la loro fedeltà al Vangelo e alla sua missione. Ma si propone anche di salvare l’Occidente dal nichilismo e dall’autodistruzione (foto di GIANCARLO GIULIANI/CPP)

L’Anno della fede ha ormai oltrepassato metà percorso e, dopo l’autorevole incoraggiamento dato da papa Francesco all’arcivescovo Rino Fisichella nell’udienza dello scorso 26 aprile, prosegue lungo un itinerario che intende mostrare come, con le parole del presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, «senza la fede non ci sia una piena realizzazione dell’umano». Spiega infatti monsignor Fisichella: «Credere è uno dei dati antropologici più significativi, poiché significa arrivare a conoscere sempre di più la verità su se stessi».

La prima parte dell’Anno della fede è stata dedicata in particolare a favorire nelle diocesi di tutto il mondo la consapevolezza del cammino da intraprendere. La seconda si è avviata con importanti momenti romani dedicati a specifiche categorie di fedeli. Ci descrive il senso di tale percorso?

«L’intuizione che motivò Benedetto XVI a dare avvio a questa iniziativa fu il desiderio di mostrare che la porta tramite la quale si accede a Dio è sempre aperta. Di qui la proposta alle Chiese locali di un tempo da vivere molto intensamente, ciascuna secondo le proprie specificità. E la mole di iniziative avviate in ogni nazione è davvero imponente. Personalmente mi sono recato in diverse diocesi e ho riscontrato una vitalità al di là di ogni aspettativa. In questa seconda fase, a partire dagli appuntamenti che hanno convocato a Roma, il 28 aprile e il 5 maggio, cresimandi e membri delle confraternite, abbiamo innanzitutto proposto il pellegrinaggio alla tomba di Pietro come occasione di fare memoria delle radici dell’avventura cristiana. Quindi, con la celebrazione eucaristica presieduta dal Pontefice, si è vissuto un intenso momento spirituale di unità. Già i numeri di quanti hanno partecipato con grande entusiasmo parlano da soli. A ognuno di questi eventi si è andati oltre le 150.000 persone».

In questi giorni sono a Roma decine di migliaia di aderenti a movimenti e aggregazioni laicali giunti da ogni parte del globo, mentre il 2 giugno ci sarà uno straordinario evento in coincidenza con la festa del Corpus Domini. Come si svolgono queste giornate?

«In particolare fra il 18 e il 19 maggio piazza San Pietro vede la presenza di tantissimi giovani attorno a papa Francesco, quasi un anticipo della Giornata della gioventù che si vivrà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio. Forti testimonianze, canti gioiosi, brani spirituali, scandiscono due giornate da vivere all’insegna della preghiera e dell’invocazione allo Spirito Santo. È un’occasione per mostrare la vitalità della Chiesa e la comunione che in essa esprimono le multiformi realtà nate per annunciare Gesù Cristo in ogni ambito della vita. A oggi sono già iscritte più di 100.000 persone. Il 2 giugno, per la solennità del Corpus Domini, il Pontefice presiederà nella Basilica vaticana un’ora di adorazione eucaristica, dalle 17 alle 18. Sincronicamente, in tutte le cattedrali del mondo e nelle parrocchie che lo vorranno, si svolgerà la medesima celebrazione, con un’unità profonda dell’intera comunità ecclesiale».

Quale “filo rosso” congiunge i singoli punti dell’Anno della fede?

«Si tratta di un percorso che la comunità cristiana offre a tanti che vivono con la nostalgia di Dio e il desiderio di incontrarlo di nuovo. È necessario, pertanto, che noi credenti sentiamo la responsabilità di offrire a tutti la compagnia della fede, per farci prossimi con quanti chiedono ragione del nostro credere. Questo Anno intende sostenere la fede di tanti credenti che, pur nella fatica del quotidiano, non cessano di affidare con convinzione e coraggio la propria esistenza al Signore Gesù. E si inserisce all’interno di un contesto più ampio segnato da una crisi generalizzata che investe anche la fede, cogliendo l’opportunità di andare oltre la povertà spirituale in cui si ritrovano molti dei nostri contemporanei».

Tutti questi gesti si inseriscono ovviamente all’interno della nuova evangelizzazione, che lei vive in prima persona quale presidente dello specifico Pontificio consiglio. In che consiste questa sfida?

«Io intravedo due ambiti. Il primo riguarda la Chiesa, che è chiamata a verificare quanto sia fedele al Vangelo e alla missione che Cristo le ha affidato. Il cristianesimo sta sperimentando una significativa espansione numerica a livello mondiale, che però non si nota poiché le comunità di più antica tradizione sono divenute sterili e si mostrano incapaci di sostenere la crescita di quelle più giovani. Perciò, dal punto di vista interno, nuova evangelizzazione significa combattere pigrizia e ovvietà nel modo di vivere la fede, che sono sintomi di una grave patologia che ha contagiato l’Occidente. Di fatto, abbiamo confidato più nelle strutture che in quella forza trainante che è il coinvolgimento personale di ogni credente nell’annuncio del Vangelo».

E per quanto riguarda l’ambito esterno?

«La seconda sfida è all’odierna cultura, basata sull’effimero, sulla proposta di una felicità che dura un fine settimana. Il fatto che questa cultura non sia capace di generare, e dunque corra il rischio dell’autodistruzione, è in parte dovuto all’emarginazione del fenomeno religioso. Ciò impegna ancor più la Chiesa cattolica a essere presente in questi ambienti con quella forza culturale che le appartiene, per offrire una concreta progettualità. La nuova evangelizzazione diventa così anche la proposta di un nuovo stile di vita, che mi piace definire un neo-umanesimo, in quanto il cristianesimo non emargina l’uomo, ma anzi lo pone al centro e lo considera l’interlocutore privilegiato di Dio».

Testo di Saverio Gaeta

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