Credere n.8 - 26/05/2013
LASCIAMO CHE CI GUIDI IL DIO DELLE SORPRESE
Nel dialogo tra papa Francesco e i rappresentanti delle realtà laicali toccati temi scottanti: dalla fede alla crisi economica
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Martire del Vangelo
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Ci salverà la fede dei semplici
La Chiesa deve ripartire dalle domande quotidiane delle persone. E scoprire nuove forme di presenza popolare più adatte…
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Per parlare di Cristo, partiamo da Adamo
Una mamma, si sa, non può permettersi di morire prematuramente, con i bambini ancora piccoli. È categoricamente escluso.
Stella Morra
Ci salverà la fede dei semplici
La Chiesa deve ripartire dalle domande quotidiane delle persone. E scoprire nuove forme di presenza popolare più adatte al nostro tempo.
UNA DONNA TEOLOGA - Stella Morra, 56 anni, nata a Fossano (Cuneo), è una teologa molto vicina al mondo ecclesiale di base. È specializzata in teologia all’Università Gregoriana, dove attualmente insegna. Tiene conferenze e ritiri in tutta Italia, oltre ad animare l’associazione L’Atrio dei Gentili, una vivace realtà laicale con sede a Fossano (Foto STEFANO DAL POZZOLO).
Mi fa sorridere l’idea che le domande sulla fede ritenute “più comuni†vengano in generale considerate banali. Invece sono importanti, eccome!». Sorride la teologa Stella Morra ripetendoci quello che dice da anni ai suoi studenti di teologia, e che ora ha messo nero su bianco nel suo ultimo libro intitolato Parole intorno al pozzo (San Paolo). In sintesi: oggi nel campo della fede, a differenza di un tempo, sono le domande e le convinzioni delle persone semplici – più che quelle dei dotti – a essere decisive per la vita quotidiana. Sarà uno dei temi che la teologa di origini piemontesi affronterà al Festival biblico di Vicenza del prossimo giugno, dove sarà ospite. La incontriamo a Como, dove ha guidato delle meditazioni bibliche a un gruppo di suore, per parlare con lei in semplicità di qualcosa che ci sta molto a cuore, la fede appunto.
Festival biblico: scopri di più sulla manifestazione >
Parole intorno al pozzo. Un titolo intrigante, professoressa Morra. Di che cosa si parla in questo testo?
«Prendo spunto da alcune figure del Vangelo, a partire dalla Samaritana, per passare in rassegna alcuni personaggi che Gesù incontra. Il tentativo è quello di mostrare che la fede è sempre un incontro personale con il Signore a partire dalle domande più comuni su di essa. Come questa: “La fede è un’esperienza di assoluta certezza o piuttosto di ricerca?â€Â».
E la risposta?
«La risposta è che la fede, secondo la Scrittura e la grande tradizione della Chiesa, di dubbi ne procura, eccome. Se devo rendere conto a me stessa della mia fede tendenzialmente dubbi non ne ho. Quando invece mi confronto con un altro, debbo per forza considerare modi diversi di vedere le cose, magari fino al punto di sentirmi provocata. Si passa allora da una mancata “certezza†a una guadagnata “relazioneâ€, che ci avvicina ai fratelli e a Dio».
Qualcuno perde la fede per i peccati della Chiesa e se ne allontana. Cosa fare?
«Dobbiamo prestare ascolto a queste persone, hanno ragione. C’è solo un modo di reagire: riformare il nostro modo di essere cristiani. Vedo persone che incontrano piccole realtà ecclesiali – magari sconosciute, spontanee o locali – dove fanno concreta esperienza di cose belle, di fraternità . Magari non si convertono, ma conservano gratitudine verso queste esperienze. Qualcosa è stato seminato nel loro cuore. Si tratta solo di trovare vie giuste e nuove per comunicare la fede. Il rischio, semmai, è di aumentare la distanza fra queste piccole Chiese “di anime†e la Chiesa istituzionale. Sarebbe un drammatico errore, la Chiesa è un grande corpo, che ha in sé molte componenti e dobbiamo far sì che si colmi questa pericolosa distanza».
In che cosa può aver sbagliato in passato la Chiesa?
«Forse ha avuto paura. Un tempo di grande transizione come il nostro richiede elasticità e mutamento di forme. Non si è sempre capito quello che andava difeso strenuamente – ed è essenziale alla fede – e quello che non lo è. Alla fine si è difeso un po’ tutto, sbagliando».
Un esempio?
«La forma di Chiesa in cui oggi viviamo è nata nell’anno Mille con la riforma gregoriana: la parrocchia, le diocesi – cioè la struttura territoriale –, i ruoli dei preti, dei vescovi, dei religiosi… Si è trattato di una forma nata e sviluppatasi nei secoli in una società statica, dove la gente nasceva, cresceva, si sposava, lavorava e moriva in un raggio di 15 chilometri. Il sistema delle parrocchie era capillare, era nato per essere vicina a tutti, compreso chi viveva nel posto più sperduto. E lo era davvero!».
E oggi?
«Oggi è tutto diverso. Ciascuno di noi come minimo nasce in una parrocchia e vive la sua vita adulta e anziana in almeno altre due-tre. La parrocchia rischia di essere, così com’è oggi, un’istituzione rigida con regole fisse, come ad esempio quella di sposarsi o di fare catechismo solo nella propria parrocchia. Non sempre è facile in un tempo di elevatissima mobilità ».
Cosa si potrebbe fare?
«Credo che le complesse organizzazioni ecclesiali che abbiamo messo in piedi ci stiano soffocando perché non abbiamo più il personale sufficiente. Dovremmo spogliarci, tornare, dopo un vero discernimento, a quello che è veramente essenziale: Messa, sacramenti, condivisione della parola di Dio e poche altre e ben mirate cose».
Come vede papa Francesco?
«È ancora presto per capire. Ci sono però alcuni aspetti positivi già evidenti: innanzitutto un linguaggio e un tono più positivi rispetto al passato, che bene trasmettono la speranza e la gioia che vengono da una fede radicata nel Vangelo, che in sé altro non è che… una buona notizia. Questo la gente lo ha immediatamente colto. Poi la centralità della Chiesa locale: Francesco si presenta sempre come “vescovo di Romaâ€, come di fatto è. Questo lenisce la contrapposizione, che spesso c’è stata, tra Chiesa universale, cioè istituzionale, e Chiese locali e sottolinea l’importanza di queste ultime, quelle dove la gente vive».
E cosa dice del nome “Francescoâ€, forse strano per un gesuita?
«Francesco e Ignazio, il fondatore della Compagnia di Gesù, sono due metodi di riforma della Chiesa diversi ma compatibili. Quella di Francesco si fonda sulla povertà , un carisma che per la Chiesa di oggi trovo urgente ritrovare in termini di maggior sobrietà e di profetica denuncia dei sistemi economici attuali, che strangolano la gente. Quella di Ignazio è più intellettuale. Al di là di tutto credo che la sua, se rivoluzione sarà , non andrà sulla prima pagina dei giornali: nessuno di questi due santi operò con toni eclatanti. E così sarà per papa Francesco».
Testo di Stefano Stimamiglio
Foto di Stefano Dal Pozzolo