N. 9 2 giugno 2013
Claire Ly

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Claire Ly

IO BUDDISTA FOLGORATA DA GESÙ

Cambogiana, durante il regime di Pol Pot è finita ai lavori forzati. Il padre, il marito e due fratelli sono stati fucilati. Ora vive in Francia: «La risurrezione di Cristo ha causato la frattura con la tradizione dei miei antenati»

Claire LyIl bello dei convertiti è che aiutano i credenti a riscoprire, nella loro stupefacente freschezza, aspetti della fede che tendiamo a dare per scontati. Diventa così possibile riassaporare la buona novella di un Dio crocifisso, morto e risorto.

Claire Ly, 67 anni, scrittrice e filosofa cambogiana, appartiene a questa categoria di persone. Racconta: «buddista di origine, mi sono convertita alla fede in Gesù cristo all’età di 37 anni. La risurrezione è l’esperienza centrale che ha causato la frattura con la tradizione dei miei antenati. A un dato momento della mia vita, un’esperienza spirituale di pace e di serenità ricevuta da un tutt’altro mi ha fatto lasciare la “via di mezzo” insegnata dal Budda, per camminare con Gesù, il risorto».

La storia di Claire ha dell’incredibile e sentirla raccontare da lei stessa – a me è capitato più volte – commuove sempre. Oggi il suo volto dolce e lo sguardo mite, dietro i tratti inconfondibilmente asiatici, rivelano una persona serena. Ma l’incontro con cristo, per lei, è passato per l’esperienza drammatica dei campi di lavoro forzato di Pol Pot, a capo del regime dei khmer rossi. C’è chi, partendo dalla tragedia dell’olocausto, è arrivato a porre in dubbio l’esistenza di Dio, o perlomeno, di un dio buono. Per Claire, il cammino è stato inverso. Per dirla con le parole di san paolo: «proprio laddove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia».

Uno dei tratti che rende peculiare la sua vicenda umana e spirituale è che l’incontro con Gesù non ha cancellato la sua storia personale, ma l’ha “portata a compimento”.  Di questo parla nel suo primo, struggente libro, tornata dall’inferno (paoline, 2006). Racconta: «non credo che la mia conversione al cristianesimo abbia dato vita in me a una donna completamente nuova. Al contrario, la mia fede nel risorto mi fa prendere coscienza della coerenza della mia storia personale. È la mia vita, nella sua totalità, a essere coinvolta nella dinamica della conversione, senza strappi, senza tradimenti. Sento l’irruzione di Gesù cristo nella mia vita come il compimento della mia ricerca, come rea­lizzazione armoniosa del mio essere».

Bello, no? «Nel cammino di Claire – ha scritto padre Alberto Caccaro, missionario del Pime, in Cambogia per 11 anni – Budda, prima, e Gesù, dopo, l’hanno accompagnata, come ospiti dell’anima. Sembra che Claire abbia ascoltato pazientemente le ragioni dell’uno e dell’altro, e, alla fine, si sia lasciata afferrare da Gesù di Nazaret. Non per contrapposizione, ma per forza di attrazione».

 «Della mia educazione asiatica – aggiunge Claire – conservo alcuni tratti caratteristici, come l’amore per il silenzio e uno spirito pragmatico, nonostante tutto. Il silenzio mi aiuta molto nella preghiera: mi permette di non inondare Dio con le mie richieste, ma di ascoltare ciò che il padre vorrebbe dirmi. Quanto al pragmatismo, io cerco sempre di analizzare l’impatto del vangelo sulla mia vita. Una religione che si limitasse a dogmi senza incarnazione nell’esperienza della vita non mi interessa».

La persona che scopre il vangelo provenendo da un’altra religione – racconta Claire – diventa un “ponte”, crea relazioni fra mondi diversi. Di recente ha scritto un libro (Pimedit, 2012) per raccontare questa esperienza: il titolo, La mangrovia, suona strano per noi, che non abbiamo familiarità con questa pianta tropicale. In realtà, è un simbolo potentissimo, dal momento che la mangrovia vive alla confluenza tra il fiume e il mare. Ebbene – spiega Claire – «come per la mangrovia non è facile vivere all’incrocio tra acque dolci e salate, così non è semplice vivere a cavallo di due culture e religioni diverse. Ma le persone come me sono chiamate a fare da ponte fra la cultura che ti ha generato e quella che ti accoglie».

Un estratto del libro La Mangrovia su MissiOnline.org >

Essere “ponte” fra religioni e culture differenti non significa affatto “mescolare” le fedi, cadendo in quel pericolo che papa Ratzinger spesso denuncia come sincretismo (ossia la fusione indistinta di elementi di tradizioni religiose diverse). Claire Ly lo sa: «il Budda non ha mai preteso di essere un dio, ma un maestro che indica un cammino. La tradizione buddista ha presentato Budda come l’uomo perfetto, senza difetti, che però, in quel modo, diventa troppo lontano dalle persone. Io, invece, come cristiana sento Gesù molto più vicino a me, alle mie debolezze. La fede cristiana ha amplificato in me l’umanità buddista».

C’è un cambiamento radicale che la conversione ha portato nella vita di Claire: «non cerco più la perfezione a tutti i costi – dice –. Ho imparato ad accettarmi per quella che sono: una donna con le sue debolezze e le sue capacità. Ora affronto le prove con più fiducia nella fedeltà di Dio, che non mi lascerà mai cadere».

Claire Ly sarà ospite Sabato 8 giugno al Festival Biblico. Trovi questo e altri appuntamenti qui >

Testo di Gerolamo Fazzini

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