N. 9 2 giugno 2013
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Le pene dell’inferno

Una scultura di legno che rappresenta tre anime condannate a bruciare all'infernoTino Soriano/National Geographic Society/Corbis

Don Gabriele, abbiamo già parlato la scorsa settimana del purgatorio. L’inferno invece, di cui si parla così poco, cos’è?

L’inferno è quello stato di vita in cui l’uomo dannato è lontano da Dio, dagli angeli e dai santi, in una condizione permanente ed eterna di sofferenza spirituale e fisica. L’inferno è in definitiva l’autoesclusione dalla comunione con Dio, come dice il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1033: «Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo». E come decidiamo di amarlo? «Non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi». All’inferno va, dunque, chi «muore in peccato mortale senza essersene pentito». Occorre subito specificare che della condizione concreta del paradiso ben poco possiamo dire, in quanto poco o nulla ci è stato detto nella Rivelazione. Pensiamo a San Pietro e alla sua esperienza nell’episodio della Trasfigurazione, della quale mai parla nelle sue lettere; o anche a san Paolo, quando racconta, sì, di essere stato «al terzo cielo», ma poi non spiega di cosa si tratti, se non che è uno stato di perfetta beatitudine. Dell’inferno invece abbiamo i racconti di alcuni santi che, pur non avendo un valore dogmatico che vincoli il credente, hanno però un notevole valore di serietà. Ho parlato a più riprese nei miei libri e nelle mie interviste dell’esperienza sia di Gloria Polo che di santa Faustina Kowalska. Entrambe fanno una descrizione identica dell’inferno come di un luogo dove ci sono sofferenze terribili. La Madonna a Medjugorie, dal canto suo, fa tre affermazioni interessanti, che confermano quanto insegna il Catechismo: l’inferno è eterno; è impossibile che chi è all’inferno si converta perché, nella maniera più assoluta, non vuole farlo; all’inferno si diventa partecipi della sostanza dell’inferno stesso, cioè si diventa un “pezzo d’inferno”. Essendo il regno dell’odio, le anime dannate sono sottoposte al tormento dei demoni e alle sofferenze che reciprocamente esse si infliggono. L’inferno è poi il luogo della bestemmia, dove si inveisce contro Dio e contro i santi. È poi il luogo della paura: nel corso dei miei esorcismi ho capito che esiste una gerarchia tra i demoni, così come  tra gli angeli. Più di una volta mi sono trovato a che fare con demoni che possedevano una persona e che hanno manifestato un vero terrore verso i loro capi. Un giorno, dopo aver fatto tanti esorcismi su una povera donna, ho chiesto al diavolo “minore” che la possedeva: «Perché non te ne vai?». Ed esso, per tutta risposta: «Perché se me ne vado via di qui Satana, il mio capo, mi punisce». Esiste nell’inferno una soggezione dettata dal terrore e dall’odio. Ecco allora la differenza abissale con il paradiso: il luogo dove invece tutti si amano, dove, se uno vede uno più santo di lui, ne gode perché gode lui stesso direttamente della felicità dell’altro. 
(Testo raccolto da Stefano Stimamiglio)

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